
Il corpo dello speleologo, morto a dicembre per il Covid, è ancora in una cella frigorifera a Lucca. Visto che il suo nome è legato alle grotte di Equi, potrebbe essere Fivizzano a farsi carico di darne degna sepoltura

La notizia che Pietro Arena, deceduto a lo scorso dicembre, è ancora insepolto in una cella frigorifera dell’obitorio di Campo di Marte a Lucca, è stata non solo una triste e sconfortante sorpresa per quanti lo conoscevano nel Comune di Fivizzano, in particolare nella Valle del Lucido, ma ha anche suscitato amare riflessioni sui valori disattesi della riconoscenza e interrogativi sulla fine fatta dalla “pietas” per i defunti. Il suo nome, infatti, è legato all’esplorazione e alla scoperta di percorsi per accedere all’interno delle Grotte di Equi, impresa da molti, studiosi e speleologi, tentata, prima, ma mai riuscita. Erano gli anni Ottanta ed Arena era diventato un personaggio ricercatissimo dai giornali e dalle televisioni, non solo locali. Anche l’entusiasmo delle persone del posto era alle stelle, nella convinzione che le Grotte sarebbero diventate il motore dello sviluppo turistico della zona. Aveva, poi, contribuito in maniera determinante a rendere quei percorsi accessibili a tutti. Il suo modo di agire e certe sue iniziative, però, non incontrarono sempre la condivisione di tutti, in particolare delle Amministrazioni, che avrebbero preferito programmare i lavori sulla base di progettazioni di esperti professionisti e su procedure a termini di legge. La sua sempre rivendicata e praticata libertà d’azione e certi comportamenti negli anni giocarono a suo svantaggio, tanto che entrò in conflitto giuridico col Comune di Fivizzano.

Era bravo Arena e, ricco di esperienze, si intendeva di molte cose, specialmente dei fenomeni carsici e delle acque sotterranee, ma si dedicò anche ad altre attività, nei settori del recupero edilizio e dell’accoglienza, come nel Comune di Casola, con il quale pure entrò in contenzioso, e di Gallicano, dove ultimamente risiedeva. Un suo fiore all’occhiello è stato il museo che, In accordo con il Comune di Carrara, creò in locali resi fruibilicon un lavoro massacrante, utilizzando reperti archeologici di varie località, anche della civiltà precolombiana, di grande valore. Recentemente aveva vinto una causa durata un decennio, avendo dimostrato che erano di sua proprietà, certificata da regolari acquisti. La sua, insomma, è stata una vita movimentata, caratterizzata da uno straordinario attivismo e dalla voglia di realizzare progetti ambiziosi. Ha lavorato molto, anche quando la salute non lo sosteneva più. Certamente, però, non si arricchì. Convinto no vax, è stato ucciso da quel virus contro il quale non aveva voluto vaccinarsi. Nessuno dei famigliari (se ne aveva in buoni rapporti), ha pensato alle sue esequie. Il Comune di Lucca rimanda il problema della sepoltura a Gallicano, Gallicano a quello di Lucca. Viene da domandarsi: “E quello di Fivizzano, dove è vissuto per decenni, in alcuni periodi anche osannato, non potrebbe mettere in atto, per la sua sepoltura, un’iniziativa riconoscente?” Siamo certi che incontrerebbe anche il contributo di non pochi cittadini e che la pietas per una degna sepoltura vincerebbe. Il corpo di Arena non può rimanere ancora in una cella frigorifera.
Andreino Fabiani