Kabul: la capitale afgana è di nuovo una città dannata

Eccoli, sono tornati i talebani a girare armati per le vie di Kabul. Per vent’anni la società civile aveva goduto il ritorno alle “ordinarie” preziose gioie di una società libera; per le strade la lieta gioventù si incontrava, condivideva radiosi progetti di vita futura, cantava, si vestiva alla moda di oggi. Ragazzi e ragazze andavano a scuola, entravano nelle aule universitarie innamorati della cultura. Le donne tornavano a farsi belle, come è loro diritto universale, a fare sport in società ciclistiche e di calcio.
A luglio 2021 tutto si è consumato, la tirannia de talebani di nuovo avvelena la vita : non si ride più, una cappa pesantissima di silenzio e di disperazione opprime un popolo. Soldati stranieri, americani soprattutto, hanno abbandonato senza rimedio la tutela della neonata democrazia in cui gli afgani hanno creduto. Una fiumana di gente in fuga verso l’aeroporto di Kabul, terrorizzata si è aggrappata alle ali e alle ruote degli ultimi aerei dell’Occidente per sfuggire all’apocalisse, solo pochi sono riusciti a salvarsi. Le speranze sono andate in fumo, domina nel “paese degli aquiloni” angoscia, l’incubo di esecuzioni sommarie, di lapidazioni, il freddo di un inverno ha portato via le rondini della primavera: gli energumeni talebani sono ostili all’istruzione, considerano la conoscenza una deriva blasfema, eppure il nome significa “studenti”.
Della terribile situazione afgana, in particolare della condizione della donna, si è parlato sul momento della tragedia, poi altri tormenti sono passati sotto l’attenzione dei governi e dei servizi di informazione. La donna non può più studiare, fare il medico o l’ insegnante,viene relegata nella prigionia di quella “tenda volante” che è il burqa, un abito che impedisce a tutti di vederla in pubblico, nessun medico maschio potrà visitarla quando si ammala, ridotta alla condizione di fantasma velato con una finestrella sugli occhi giusto per poter orientarsi nel cammino. Questo schizofrenico tenere nel serraglio domestico la donna denuncia aridità sentimentale nel maschio, padrone e custode, sollecitato, pare, da pulsioni erotiche più che da legami di pensiero, di sensibilità e di rispetto. Della morte della libertà delle donne ci sono buoni libri; fanno capire il loro dolore e denunciano le violenze. Pieno di verità acquisite sul campo da Gino Strada, il compianto eroe della ONG “Emergency, è il libro Pappagalli verdi.
Altro libro, raffinato nello stile espressivo è scritto da un uomo che però ha assunto il nome della moglie, è Le rondini di Kabul, (Sellerio, 2022) firmato Yasmina Khadra, in realtà l’autore è l’algerino Mohamed Moulessehoul. Scritto nel 2002, poco dopo l’intervento americano in Afghanistan per catturare il terrorista Bin Laden, è stato di nuovo pubblicato a settembre 2021 con una introduzione che spiega il precipitare di un paese di nuovo nella paura tribale della modernità e nella volontà di dominio maschile. Si legge senza interruzione perché è bellissimo l’impianto narrativo che spinge a conoscere la conclusione di un romanzo che dà risalto alla storia afgana oggi mediante il racconto di due coppie di sposi, in una il marito fa il carceriere e la moglie è malata terminale, l’altra è una coppia borghese ridotta in povertà. Sono legate entrambe da amore profondo; per passare un pomeriggio sereno una coppia decide di andare a fare una passeggiata: si imbatte in una guardia talebana e la situazione precipita in un crescendo di situazioni crudeli che trascinano a conoscere il loro concludersi. Si parte con la lapidazione di una donna ritenuta adultera, legata mani e piedi è trascinata in una buca poco più grande del suo corpo, così non potrà muoversi e sarà più facile colpirla a sassate: qui si muore, non c’è misericordia e redenzione come per l’adultera evangelica.

Maria Luisa Simoncelli