Gli animali e il nostro rapporto con loro

L’Almanacco Pontremolese per il 2022. Da quelli scelti quale icona per il casato dei nobili alle persecuzioni subite dai gatti; dai lupi mannari a quelli che minacciano le greggi. E poi gli animali graffiti nelle caverne preistoriche e quelli nelle immagini sacre

La copertina dell’Almanacco Pontremolese 2022

Dal 1978 esce l’Almanacco Pontremolese; per il 2022 l’argomento singolare è il mondo degli animali e “il nostro rapporto con loro, nei nostri contesti di vita” dicono nella prefazione Jacopo Ferri e Lucia Baracchini, foto di Walter Massari.
Il via lo dà Giuseppe Benelli che elenca gli animali che i nobili locali scelsero come icona del loro casato, predominanti l’aquila simbolo di forza e il leone di coraggio, vigilanza, ma compaiono anche cani, cicogne. Animali da pasto “clandestino”e neppure nominati sono quelli che sollecitano la memoria di Luciano Bertocchi. Orribile a dirsi, ma la mosca che fecondava con le proprie uova il formaggio di primavera lo rendeva squisito. Era coi “beghi” ma chi ne ha mangiato “ne sogna ancora i piaceri perversi”. I gatti accompagnano la storia dell’uomo, divinizzati dagli egizi, utilissimi nel cacciare topi per nutrirsi, ora sono diventati animali di compagnia reclusi negli appartamenti, mangiano prodotti di un ricco mercato. Riccardo Boggi scrive anche delle persecuzioni accanite che i gatti hanno saputo superare, si dicono dotati di sette vite, fatti simbolo di sfortuna, amici delle streghe e del demonio.
A Filattiera, a Guinadi si raccontava di gatti interpretati come amuleti per allontanare i pericoli e fantasiose processioni di anime vaganti. A Zeri si raccontava di magie legate all’intervento di un gatto, animale affettuoso e sfuggente, misterioso. Delle mucche della sua infanzia scrive Andrea Baldini, dà informazioni precise su quelle di razza pontremolese, che suo padre nelle stalle dei mezzadri vigilava con amore; piccole di statura, con poco latte ecarne buonissima, oggi di nuovo ricercate. Interessanti considerazioni su razionalità e magia con citazioni di taglio filosofico sono di Marco Ciardi, che dice la Lunigiana terra di misteri, di fantasmi e di lupi mannari. Kant,sublime filosofo della ragion pura e pratica, afferma che siamo liberi di credere a spiriti e fantasmi purché non entrino in contrasto con gli strumenti della razionalità e della scienza. La fantasia non si oppone alla razionalità, uno scienziato è curioso di fronte ai fenomeni naturali, ricerca verità e bellezza che gli permettono di rimanere bambino per tutta la vita, così testimoniava Einstein.
La Lunigiana sa convivere tra Franknstein creato a San Terenzo da Mary Shelley e la modernità e la scienza. Alcuni esempi di piccoli animali presenti in immagini sacre a Pontremoli li cataloga Paolo Lapi. Tra Dio, gli uomini e gli animali c’è relazione, emerge nella Bibbia, continua nella storia dei Santi: a Pontremoli troviamo in Duomo un S. Francesco Saverio col granchio, in S. Francesco la colomba sul capo della Vergine nel bassorilievo di Agostino di Ducccio, il cardellino è nelle mani del Bambino, l’agnello in una statua del Battista. Nella chiesa della Misericordia due icone: S.Isidoro coi buoi e S. Rocco con cagnolino. In copertina l’immagine di S. Antonio abate col maialino nella parrocchiale di Treschietto.
Boggi richiama che il santo era invocato per proteggere gli animali domestici, il parroco li benediva: ma non confondiamo il porco con Sant’Antonio! Divertente la storiella raccontata da Sergio Maucci che incontra uno sconosciuto che fu resistente antifascista nello zerasco e gli fa ricordare un suo scherzo alla ricerca di un mitico nido di carcagnolie! Esempi di simboli zoomorfi negli oggetti d’uso sono ricordati da Rossana Piccioli, che, per altro, ha pubblicato solide ipotesi sui “pipin” di Vignola. Osserva che in Lunigiana sono poveri di ornamenti, raramente si trovano animali simbolo con valenza positiva quali il gallo e il serpente che forse sono ricordi portati da emigranti rientrati dal Sudamerica. Sono simboli per attirare il bene per aiutare le persone nella loro sistemica precarietà, così anche per la margherita a sei petali che rimanda a miti solari.
Già nel paleolitico l’uomo faceva graffiti in grotta raffiguranti animali: Angelo Ghiretti spiega con cura due luoghi da conoscere. Uno è la Tecchia di Equi abitata dall’uomo di Neanderthal e dall’orso delle caverne tra 60 e 40mila anni fa, capace di fare strumenti in selce, ritrovati in scavi condotti da A. C. Ambrosi e R. Formentini, trovati anche circa 600 resti di orsi. Nell’alta valle del Serchio, a Bosa di Careggine nel Museo della fauna di ieri e di oggi una parte è preistorica, ci sono le ricostruzioni in grandezza naturale dell’orso e del leone delle caverne, di questo è l’esemplare più recente rinvenuto in Italia, stava nei nostri territori forse perché poteva nutrirsi di grandi erbivori.
Di erbivori scrive Cinzia Angiolini, esperta allevatrice di pecora zerasca, una razza documentata dal 1845, la produzione principale è la carne, il latte è ricco di proteine di cui si nutrono gli agnelli altrettanto protetti da un consorzio di presidio Slow Food che deve anche difendere dall’assalto dei lupi. Maria Luisa Simoncelli