“La forma più estrema di esclusione sociale”. Ue: una casa per tutti entro il 2030
Per le strade delle città europee ci sono 700mila persone che dormono su marciapiedi e panchine, negli androni dei portoni, nelle stazioni. È un numero che negli ultimi dieci anni è cresciuto del 70%. Sono tanti i fattori che concorrono a questa forma “la più estrema di esclusione sociale”, come l’ha definita il commissario europeo Nicholas Schimdt in occasione del recente lancio della “piattaforma europea per i senzatetto”.
Tante anche le misure da mettere in campo per affrontare il problema: politiche giovanili, reddito, edilizia sociale, sicurezza sociale, diritto del lavoro e integrazione. La piattaforma attivata ha tre obiettivi: condividere le esperienze per imparare le buone pratiche gli uni dagli altri; definire come utilizzare al meglio le risorse finanziarie esistenti, sia quelle previste dal “recovery and resilience plan”, ma anche le risorse disponibili con il Fondo sociale europeo Plus e il Fondo europeo di sviluppo regionale; migliorare la raccolta di dati e prove, su cui improntare le decisioni e creare sinergie.
L’obiettivo: zero persone senzatetto entro il 2030 nell’Ue, ha dichiarato il commissario Schmidt. A coordinare la sinergia tra i vari attori della piattaforma (istituzioni Ue, Stati membri, autorità regionali e locali, organizzazioni della società civile) sarà il belga Uves Leterme; ogni due anni le presidenze di turno dell’Ue dovranno convocare conferenze di alto livello per monitorare l’attuazione dei principi della dichiarazione sottoscritta a Lisbona.
Il documento, firmato dalle tre istituzioni europee e dai 27 Paesi Ue dice, tra le altre cose, che le cause profonde di questa piaga stanno nell’ “aumento dei costi abitativi, nell’offerta insufficiente di alloggi sociali o di assistenza abitativa, nel lavoro precario, a basso reddito o nella disoccupazione, nella disgregazione familiare, nella discriminazione, nei problemi di salute a lungo termine” e nelle dimissioni non sufficientemente preparate da realtà come le prigioni. Il nodo centrale sembra essere la questione dell’alloggio.
Lo hanno raccontato anche gli ex-senzatetto che sono intervenuti a Lisbona il 21 giugno scorso per raccontare le loro storie di rinascita, tutte legate a una casa. Tra loro Elda Jesus Coimbra: “ho lasciato la strada – ha raccontato – quando qualcuno mi ha dato un mazzo di chiavi e mi ha detto che quella era la mia casa”.
La casa però sta diventando un bene di lusso: ci sono affitti che assorbono il 40% degli stipendi dei locatari, è stato detto a Lisbona dove sono state premiate tre esperienze positive realizzate in Europa ad iniziare dal progetto Housing First, gestito dalla Caritas di Trieste dal 2019, che ha fornito dieci appartamenti a un totale di trenta persone, di cui cinque nuclei familiari, inserite in un percorso di accompagnamento, finalizzato all’indipendenza abitativa.
(Agenzia SIR)