La nostra repubblica democratica fondata sul lavoro nei suoi 75 anni di vita ha attraversato molte crisi ma ha portato anche grandi, positivi cambiamenti e riforme sociali
Per la prima volta votarono anche le donne; nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946 vinse la repubblica contro la monarchia con uno scarto di 2 milioni e 139mila voti. La nostra repubblica democratica fondata sul lavoro nei suoi 75 anni di vita ha attraversato molte crisi, ha fatto esperienze drammatiche, ma ha portato anche grandi e positivi cambiamenti, riforme sociali e ottima quella sanitaria che cura e ricovera tutti; è riuscita a mantenersi solida, radicata su quello “zoccolo duro” dell’Italia che ce la fa.
Lo sta dimostrando nel modo di affrontare la tragedia della pandemia Covid 19. Quasi tutti abbiamo osservato le regole e i divieti, facciamo la fila, portiamo la mascherina, i luoghi pubblici si sono attrezzati per sanificare e mantenere le debite distanze, ci facciamo vaccinare. Salvo momenti di circoscritta protesta di chi non riesce a rinunciare all’aperitivo, affrontiamo i gravi sacrifici, i lutti e i tormenti della precarietà economica e lavorativa con dignità, con responsabilità.
É ancora una volta l’Italia responsabile che tiene duro, anche se in sofferenza. Commuove vedere tanti anziani che sopportano con pazienza dolorose condizioni nella sfera degli affetti e delle contingenze materiali. Bertold Brecht dice “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, ma senza retorica sono stati eroi medici, sanitari, scienziati, alunni e docenti che hanno dato il meglio di sé spesso escogitando inedite pratiche. Quando nacque la repubblica, l’Italia era in crisi profonda, la povertà era diffusa, “i piccinidi tenevano li piedi scalzi”, contadini e braccianti non possedevano le terre su cui sudavano. In pochi anni ha assistito al più forte cambiamento sociale della sua storia.
Il passaggio alla modernità non fu senza problemi, i burocrati rimasero quasi sempre quelli di prima, i giovani erano stati indottrinati dalla mistica fascista, i partigiani furono messi un po’ in disparte dagli Alleati vincitori e dalla rottura nel 1947 della coalizione di governo tra democristiani e socialcomunisti che li aveva legati nel CLN. Le sinistre, pur nelle loro varie divisioni interne e in un sistema di democrazia bloccata che li escluse per decenni dall’essere partiti di governo, dimostrarono senso dello Stato: Togliatti votò per conservare il Concordato e i Patti Lateranensi del 1929; quando fu gravemente ferito nell’attentato del 1948 impedì l’insurrezione dei comunisti che avrebbe potuto scatenare una guerra civile.
C’era un reagente comune nella quasi totalità dei partiti: l’antifascismo insito nella Costituzione di una repubblica nata dalla Resistenza. La divisione dell’Europa in due sfere d’influenza portò l’Italia a schierarsi con l’Occidente a guida statunitense, De Gasperi fu a capo di governi a saldo controllo democristiano. L’Italia entra nella Nato, nel 1957 è paese fondatore della prima Comunità Europea per liberi scambi delle merci, conosce il “miracolo” economico con industrie a partecipazione statale (fondamentale l’ENI di Enrico Mattei) e soprattutto di iniziativa privata.
Lo sviluppo del Paese si realizza malgrado un quadro di carenze gravi e drammatiche: i governi non mirano a modernizzare il Sud, dove avanza la criminalità organizzata che si infiltra tra alcuni uomini dello Stato traditori del loro mandato istituzionale e uccide chi la contrasta. Attentati e stragi fanno definire di piombo gli anni a partire dal 1969 con la strage alla banca dell’Agricoltura a Milano. La dinamica ideologica porta dal centrismo ai governi di centro-sinistra, il PCI matura il passaggio alla “via italiana al socialismo: è l’asse Moro-Berlinguer. Ma l’apertura a sinistra allarmò gli ambienti conservatori: si fece strada la tendenza all’azione clandestina e illegale a fini eversivi per affermare una dittatura di destra anche in Italia, unica democrazia nel Mediterraneo tra i colonnelli greci, Franco e Salazar iberici. Si parla di “misteri italiani”, ma è ormai chiaro che alcune forze istituzionali (partiti neofascisti e servizi segreti), i moti neofascisti di Reggio Calabria, il fallito colpo di Stato del 1964, la loggia P2 hanno tentato di uccidere la repubblica democratica.
Anche forze di estrema sinistra furono eversive, miravano ad un confuso, irrazionalistico anticapitalismo. Lamentosi, polemici e a volte “mariuoli” gli italiani hanno fatto fallire i disegni di trame nere e rosse, nonostante la debolezza dei governi di coalizione, la corruzione, l’inefficienza burocratica, qualche ombra sulla magistratura e le sfide globali.
Si parla dal 1992, anno della grave crisi dei partiti travolti dalla corruzione, di seconda repubblica, in un contesto universale in cui avanzano sfide molto forti: il degrado ambientale, l’emigrazione forzata di tante persone, sistemi che creano gigantesche disuguaglianze, il predominio del profitto. In Italia è urgente una radicale riforma fiscale, il superamento di una persistente crisi economica dentro la voragine del debito pubblico, scegliere la classe dirigente politica e amministrativa solo per competenza operativa e culturale. Ma la buona prova data dai cittadini nella pandemia rafforza la fiducia in rinnovata vitalità della nostra amata repubblica.
Maria Luisa Simoncelli