Venne collocato nella primavera del 1928 con l’arrivo del primo acquedotto. La cronaca del parroco don Luigi Moscatelli e le dimissioni del podestà Francesco Campolonghi. Una segnalazione di Alessandro Martinelli che propone il recupero e la valorizzazione

Dal 18 marzo 1928 è la fontana di Scorcetoli, lì sull’angolo tra la strada comunale per Caprio e quella che conduce alla chiesa parrocchiale, entro una nicchia nel muro di cinta. Un vero e proprio reperto, da 93 anni memoria ignorata – se non dimenticata – di una storia lontana sì, ma non troppo. Si tratta di un elegante covone di grano scolpito nel marmo bianco di Carrara: un vero e proprio fascio di spighe, lunghe e strettamente raccolte da nastri che si incrociano. Una delle rare persistenze di arte dell’epoca fascista presenti nel nostro territorio, dietro alla quale è una storia sconosciuta ai più e che, grazie alla segnalazione di Alessandro Martinelli, possiamo nuovamente riportare all’attenzione generale.

La fontana celebra, infatti, la realizzazione del primo acquedotto e l’arrivo dell’acqua potabile a Scorcetoli nella primavera del 1928: erano gli anni della propaganda di regime per l’autoproduzione di grano, dei concorsi per incentivare il lavoro agricolo e per il reperimento di superfici sempre nuove e più ampie da destinare alla coltivazione del grano. Dall’inizio del Novecento, infatti, in Italia la produzione non riusciva a soddisfare una domanda crescente che imponeva l’importazione di quantità sempre maggiori di grano.
Per rimediare ad una situazione che nella prima metà degli anni Venti veniva giudicata non più sostenibile, nel giugno 1925 Mussolini proclamò la “battaglia del grano” che nel breve volgere di pochi anni portò in effetti ad un notevole aumento della produzione, ma contraddicendo le regole che dovevano esserne alla base. Il piano prevedeva infatti che non dovesse in alcun modo aumentare la superficie da destinare alla coltivazine del grano e che la maggior produzione si dovesse ottenere aumentando la resa per ettaro con semi selezionati, adeguata concimazione e rinnovamento tecnologico nella lavorazione.

Tra il 1926 e il 1937 la produzione passò da 55 a 80 milioni di quintali, con un incremento medio della produzione di poco più di 3 q.li per ettaro, ma compensati dall’aumento dei terreni interessati, che comunque arrivarono in gran parte dalla messa a coltura di quelli di bonifica. Tuttavia l’importazione di grano dall’estero, pur diminuendo, non cessò, anche perché il crollo dei prezzi del grano sui mercati internazionali rendeva più economica l’importazione che non la produzione autarchica.
Per delineare la storia della prima fontana di Scocertoli è preziosa la cronaca che scrisse il parroco don Luigi Moscatelli e recuperata nel 2007 da Gian Battista Martinelli nel libro “Storia di una comunità di campagna”. “Il 18 marzo 1928 avviene la benedizione della nuova fontana di Scorcetoli – scrive Martinelli – quella attuale in marmo raffigurante un covone di grano. La fontana era collegata ad un acquedotto proveniente dalle colline sotto Dobbiana, dal versante di Scorcetoli”. L’iniziativa, tanto attesa della popolazione locale, rientrava in un più ampio progetto destinato, entro l’anno successivo, ad approvvigionare d’acqua anche Pala, Monteluscio, Ponticello e Canale.
“Si dice – continua l’autore – che l’idea fu di Campolonghi, Podestà di Filattiera, finanziato dai possidenti della parrocchia. Si dice che il più sostanzioso prestito sia stato fatto dal sig. Bianchi di Ponticello”. L’acquedotto fu inaugurato il 27 ottobre 1929, “ma il denaro non venne restituito e il 22 maggio 1933 Campolonghi dovette dimettersi dalla carica di Podestà”.

È lo stesso don Luigi a ricordare il fatto: “Il nostro Regio Podestà sig. Francesco Campolonghi – scrive il parroco nel Liber Chronicus – in seguito al suo dissesto finanziario, è stato oggetto di aspra e slealissima campagna ostile che culminò nella rassegna, in mano al Prefetto della Provincia, delle sue dimissioni dalla carica pesante e quasi onorifica”. Dopo quasi un secolo quel covone di grano continua a svolgere la funzione per la quale era stato creato, anche se avrebbe bisogno di essere restaurato: sono tanti i danni causati da decenni di esposizione alle ingiurie del tempo e sarebbe utile porvi rimedio, pensando anche ad una sua valorizzazione.
Da simbolo di propaganda oggi può essere recuperato quale testimonianza artistica e simbolo di una conquista preziosa come quella dell’acqua. Ma anche di una storia da non ripetere, né nell’ideologia che portò alla dittatura, alla discriminazione e alla guerra, né nelle scelte visto che, a conti fatti, la “battaglia del grano” portò più conseguenze negative che risultati positivi.
È lo stesso Alessandro Martinelli ad avanzare una proposta: “Recuperare e valorizzare con apposita cartellonistica la fontana, sarebbe un modo educativo – suggerisce infatti – in quanto chi passerà di lì, davanti ad una ben documentata spiegazione, potrà farsi un’opinione sulla scelta del covone e sulle conseguenze di strategie protezionistiche e nazionaliste come la campagna del grano e su quello che ha causato il fascismo in Italia. Un oggetto, nato e collocato come simbolo di propaganda potrebbe diventare mezzo di informazione per evitare il ripresentarsi di qualsiasi forma di fascismo”.
(Paolo Bissoli)