Il passaggio dei duchi di Milano da Pontremoli

Nel 1471 lo sfarzoso corteo contava 1064 cavalli, 200 mule, 500 coppie di cani oltre a innumerevoli falconi e sparvieri

Galeazzo Maria Sforza (1444 – 1476)

Se, come noto, la via Romea (o di Monte Bardone, più di recente ribattezzata Francigena) è stata per secoli il collegamento più veloce tra Milano e Roma, tra Nord e Sud è ovvio che essa sia stata percorsa sì da pellegrini, viandanti, commercianti ed eserciti, ma anche da papi, imperatori e, ovviamente, principi e duchi. Quest’anno ricorrono i 550 anni del passaggio del duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza, e della moglie, la piemontese Bona di Savoia undicesima figlia del duca Ludovico, detto “il generoso” (il padre, Amedeo VIII, nel 1434 aveva scelto di ritirarsi a vita monastica per poi sei anni dopo farsi eleggere antipapa). L’eco della sosta dei duchi Pontremoli, dove trascorsero la notte nel castello, è rimasta nella storia locale, tramandata da diversi cronisti; tra gli ultimi quel Carlo Caselli autore del libro “Lunigiana ignota”, forse la prima guida turistica moderna del nostro territorio, pubblicato nel 1933. Caselli sottolinea come rileggendo la storia dei transiti per il passo della Cisa “vedremmo una serie interessante di films storiche […] ma fra tanti quadri il più grandioso sarebbe certamente quello raffigurante il passaggio di Galeazzo Maria Sforza, Duca di Milano, quando nel 1471 con la moglie Bona di Savoia si recò a Firenze” in visita a Lorenzo il Magnifico.
“La coppia – scrive – era accompagnata dai quattro fratelli del Duca: Ottavio, Lodovico il Moro, Filippo Maria e Sforza Maria, Duca di Bari, il fratello e la sorella naturale, Giulio e Fiordalisa, nonché la cognata Beatrice d’Este”.

Bona di Savoia ritratta nel 1471

Il corteo viene descritto come davvero ricchissimo; infatti il duca aveva con sé “i suoi principali feudatari e consiglieri con drapperie d’oro e d’argento e le loro famiglie vestite con nuovissimi costumi. V’erano numerosi cortigiani vestiti di velluto e di seta, camerieri vestiti con abiti coperti di risplendenti ricami, a 40 dei quali il Duca aveva donato una corona d’oro, quella di minor prezzo valutata 100 ducati”.

Accanto a nobili e cortigiani erano decine e decine di altre persone, a cominciare da cinquanta staffieri, alcuni dei quali “vestivano panni d’argento ed altri di seta”.
E poi “v’erano trombettieri, cantori, medici, speziali, barbieri, sarti, confessori, cappellani, cuochi, sottocuochi, sguatteri, credenzieri, apparecchiatori, cantinieri, fornai, maestri di ballo, cacciatori ed una lunga schiera di altra gente”.
Non poteva certo mancare la guardia personale del duca: “100 uomini d’armi tutti scelti”, mentre per la duchessa “v’erano 50 chinee [cavalcature, ndr] tutte con le selle ed i finimenti d’oro e d’argento ricamate con le insegne ducali”. 
“Cose veramente da non credere” è il commento che suscitava la vista di un corteo composto di 1064 cavalli e 200 mule, con al seguito “pure 500 coppie di cani di diverse razze e grandissimo numero di falconi e di sparvieri”.
“Per la strada della Cisa scese ammirato per un giorno da Montelungo, che dopo breve sosta a Pontremoli proseguì per Sarzana”, non prima di aver sostato nella località che si lì a poco si sarebbe chiamata “la Nunziata”: i duchi e il numeroso seguito, infatti, si fermarono in preghiera davanti all’immagine dell’Annunciazione dove l’anno prima era apparsa la Madonna e dove sarebbe stato costruito il santuario.      
(p. biss.)

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