Mons. Angelo Fiorini alla guida della diocesi  in tempi difficili

Un Cappuccino di rado arriva alla nomina episcopale; non fu così per Antonio Fiorini di famiglia di Sassalbo, nacque però a Campiglia Marittima il 17 gennaio 1861 dove i genitori portavano il gregge in transumanza. Una sua biografia ampia e molto documentata fu pubblicata nel 1970 da p. Roberto Lecchini da Arzelato, presentata da mons. Fenocchio. Da lì ricaviamo eventi della sua vita personale e del momento storico, i primi 30 anni del Novecento, in cui fu pastore della diocesi di Pontremoli.
A 15 anni decise di entrare in convento a Piacenza, gli fu imposto il nome di Angelo. Si formò nel tempo della soppressione degli Ordini religiosi avviata da Cavour e fatta legge dal governo Rattazzi nel 1866: i rapporti tra Papa Pio IX e il re d’Italia erano una questione complicata e conflittuale. Consacrato sacerdote dal vescovo di Piacenza Scalabrini nel 1883, per la solida dottrina e l’eccellente comunicativa ebbe l‘incarico di insegnare filosofia e poi teologia ai futuri sacerdoti cappuccini nel convento di Parma, ma capiva il valore delle scienze in età di Positivismo e si iscrisse come uditore ai corsi di fisica, chimica e scienze naturali dell’’Università parmense e acquistò buone competenze e fece alcune geniali invenzioni.
Sorpreso e turbato accolse da papa Leone XIII la nomina a vescovo di Pontremoli, il terzo lunigianese dopo Gerolamo Pavesi e Michelangelo Orlandi di Rocca Sigillina. L’ingresso solenne fu il 30 giugno 1900, assumeva la guida di una popolazione sostanzialmente onesta e laboriosa, sostenuta da una forte fede religiosa tradizionale, attaccata alla propria parrocchia e al parroco, ma sul piano economico per povertà iniziava una forte emigrazione di massa. Nella vita sociale e politica la chiesa soffriva di tutte le tensioni che nascevano dal contrasto col liberalismo anticlericale e col socialismo.
Per opporre a queste idee una visione cristiana della società, il vescovo Fiorini fece nascere il 7 settembre 1907 Il Corriere Apuano, che da allora continua ad uscire ogni settimana, e lo difese sempre di fronte a prepotenze fasciste. Altre sue cure furono il Seminario e riordinamento della Biblioteca, l’Orfanotrofio Leone XIII, la difesa dell’autonomia della diocesi che quella di Luni – Sarzana avrebbe voluto inglobare.
Nei trenta anni del suo episcopato, morì il 5 maggio 1929, visitò sette volte la diocesi, seppe tenere alto il morale delle famiglie durante la prima guerra mondiale e nella desolazione del terremoto del 1920, portò in diocesi le Suore Missionarie del Sacro Cuore e i Padri Giuseppini del Convitto Marello, fece edificare la cappella del Seminario, il Collegio e il Teatro Manzoni.
Ebbe divergenze con le autorità civili per la demolizione della chiesa di S. Colombano, gli toccò convivere col regime fascista, si rallegrò per la Conciliazione del 1929. Lasciò in eredità denaro destinato tutto in beneficenza. Fece di tutta la sua vita una lieta donazione, aveva temperamento felice, equilibrato. Visse e morì povero, umile frate Cappuccino. (m.l.s.)