Quando la tutela della salute, era praticata dalla carità privata

Pontremoli. L’Opera Pia nata dal testamento di Carlo Buides nel 1867

Palazzo Buides nel centro storico di Pontremoli

Prima dei preziosi servizi sanitari nazionali la tutela della salute contava sulla carità di associazioni religiose o di singole persone. A Pontremoli, dove già operavano l’antica Confraternità della Misericordia, i Cappuccini, iniziative di parrocchie e di gruppi, nell’Ottocento nacquero due Opere Pie fondate da privati: l’Ospizio Galli Bonaventuri ancora esistente ma trasformato giuridicamente e l’Opera Pia “Carlo Buides”, che operò dal 1867 al 1900.
Il fondatore da cui prende il nome era auditore, funzionario pubblico con compiti giurisdizionali. Era arrivato a Pontremoli, abitava in piazza Dodi. Si legge nello Statuto organico, stampato dalla tipografia Raffaele Rossetti, che l’Opera Pia con sede a Pontremoli trae la sua origine dal testamento olografo di Carlo Buides in data 6 febbraio 1865, che la istituì, e il 20 febbraio 1867 un regio decreto la eresse a Corpo Morale. Le rendite del patrimonio legato dal fondatore sono descritte nel relativo inventario compilato dal 7 maggio all’8 giugno 1867, depositato in Curia vescovile. Fu istituita per “soccorrere quei poveri convalescenti che dopo un decubito almeno di sei giorni usciranno dallo Spedale di Pontremoli, od anche i poverissimi ammalati fuori dello Spedale”. Era amministrata da una Commissione composta dai parroci di Pontremoli e presieduta dal vescovo.

Il decreto con il quale re Vittorio Emanuele II approvò lo Statuto dell’Opera pia Buides nel 1867

Un dettagliato Regolamento in 20 articoli ne specifica compiti e funzionamento. La Commissione fissava le norme per la distribuzione dei sussidi, formava la lista dei poveri, tutti i membri svolgevano un compito puramente onorifico e gratuito. Ora che viviamo la tragedia della pandemia portata dall’aggressivo e mutante corona virus, noi cittadini della repubblica democratica italiana chiediamo con buona ragione che il Servizio Sanitario Nazionale e i governi provvedano alle cure e prevenzioni vaccinali per tutti: il diritto alla salute è universale. Invece nei paesi, dove si discrimina secondo l’etnia o il censo delle persone oppure il potere politico è di un padrone e non del popolo, i poveri, gli stranieri continuano a non ricevere assistenza. In Italia le conquiste sociali di previdenza e cura sono state raggiunte con fatica e forti tensioni, e potranno ridursi o di nuovo perdersi, se perdiamo l’amore e la passione per le libertà democratiche.
La Costituzione della nostra Repubblica, in vigore dal 1948, ci garantisce diritti fondamentali, ha ministeri di pertinenza sociale, sanitaria, culturale che però non sono garantiti per sempre, vanno custoditi con responsabilità e partecipazione. L’esigenza di istituire ministeri statali con incarico di prevenzione e cura sanitaria cominciò a diventare inderogabile nell’Italia unita, specialmente dopo il 1876, con la Sinistra liberale (non marxista) diventata maggioranza di governo.
Scoppiavano epidemie, terribile quella di colera del 1855-1856 che colpì anche la Lunigiana, e l’intervento pubblico per affrontarle era assente o del tutto inadeguato. Un poco provvedeva ai bisogni la sensibilità e generosità di privati, come fece Carlo Buides: il fatto che dopo sei giorni dalla dimissione dall’Ospedale la sua Opera Pia si prendesse cura degli ammalati significa che le degenze era poche, di breve durata e non gratuite. I libri di storia ricordano la competenza scientifica e l’impegno politico per la medicina sociale di Agostino Bertani (Milano 1812 – Roma 1886), medico, patriota garibaldino e parlamentare della sinistra radicale, incarico svolto occupandosi molto delle condizioni fisiche, igieniche, economiche dei contadini. Fece parte della Commissione d’inchiesta agraria parlamentare del 1876 presieduta da Stefano Jacini, condusse l’inchiesta collaterale sulle condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni rurali.
Svolse personalmente l’indagine nella sua zona elettorale comprendente le province di Imperia, Genova, Massa Carrara: documentò che vi erano grosse carenze igieniche e sanitarie, condizioni sociali precarie dei contadini, contribuì ad affrontarle con specifiche ricerche sull’igiene rurale. Elaborò anche un regolamento sanitario sulla prostituzione allora gestita dalle cosiddette case di tolleranza. In linea con l’etica sociale mazziniana parlava di “doveri della proprietà”: chi ha di più pensi a chi non ha i mezzi di sussistenza e di cure mediche.

Maria Luisa Simoncelli