Quali conseguenze avrà la Brexit sulla pace in Irlanda?

A 100 anni dalla “Partition” tra Eire e Ulster, il rischio del risorgere di nuove tensioni.

Murale su un edificio di Londonderry, nell’Irlanda del Nord
Murale su un edificio di Londonderry, nell’Irlanda del Nord

L’oramai definitiva uscita del Regno Unito dall’Unione Europea con la Brexit ha rimesso sotto i riflettori, dopo oltre due decenni di pace, la questione irlandese. Nonostante l’estrema attenzione posta sulla questione dai negoziati tra Bruxelles e Londra e dal Trattato che, dopo le ratifiche del Parlamento britannico e di quello europeo, sancirà la definitiva separazione tra le due sponde della Manica, nell’Isola dello Smeraldo potrebbero tornare ad accendersi le secolari tensioni sociali e religiose che hanno segnato la storia di quella terra.

Quattro secoli di colonizzazione inglese e di rivolte
La Brexit, e ciò che ne consegue sul fronte irlandese, si realizza a 100 anni esatti da quella che la storia ricorda come la Partition, con la quale nel 1921 venne sancita la divisione dell’isola irlandese in due entità statali: 26 contee a maggioranza cattolica raggruppate nello Stato libero d’Irlanda, un territorio semi-indipendente dell’impero Britannico, con capitale Dublino; 6 contee (parte della provincia dell’Ulster) a maggioranza protestante – l’Irlanda del Nord con capitale Belfast – parte integrante del Regno Unito. Quell’accordo, atto finale dell’Insurrezione di Pasqua del 1916 e frutto di una trattativa lacerante sfociata nell’Eire in una guerra civile tra favorevoli e contrari all’accordo con Londra e, nell’Irlanda del Nord, in un crescendo di soprusi e segregazioni nei confronti della minoranza cattolica, fu il precario approdo di un percorso storico lungo almeno quattro secoli.

Nel 1921 venne sancita la divisione dell’isola irlandese in due entità statali: una semi indipendente con capitale Dublino, l’altra con capitale Belfast parte integrante del Regno Unito: ma al referendum sulla Brexit il 56% dei nord irlandesi ha votato per restare nell’Unione Europea.

La conversione forzata al protestantesimo anglicano, imposto da Elisabetta I successivamente allo scisma anglicano di Enrico VIII (1533) cambiò profondamente la storia di un’isola la cui adesione al cattolicesimo risale al V secolo, con San Patrizio. Quella inglese non fu solo una prevaricazione in campo religioso, ma un vero e proprio processo di assimilazione culturale e colonizzazione economica, attuata tramite il sistematico trasferimento di coloni inglesi e scozzesi in varie zone dell’Irlanda (“plantation”), soprattutto – ma non solo – nelle sei contee del Nord (Ulster), allo scopo di consolidare la dominazione inglese, privando la popolazione locale delle terre e costringendola a rifugiarsi nell’entroterra.
Le sollevazioni con le quali nel Seicento i cattolici tentarono di recuperare le terre confiscate subirono brutali repressioni, come quella di Olivier Cromwell nel 1641, che riprese il controllo dell’isola sterminando più di un quarto della popolazione irlandese. La vittoria di Guglielmo d’Orange sul re cattolico Giacomo II (1689), suggellò la totale sottomissione dei cattolici irlandesi, la spoliazione dei diritti civili e politici, la soppressione violenta di ogni tentativo di riscatto.
Solo nella seconda metà dell’Ottocento, con l’affermarsi in Europa del liberalismo e nonostante le resistenze dell’élite economica protestante, i cattolici irlandesi videro poco a poco ampliarsi le loro prerogative, ma non prima di subire gli effetti della Grande Carestia del 1845-46 che determinerà, nella sostanziale inerzia britannica, la morte di un milione di persone e l’emigrazione negli Stati uniti di altri due milioni di cittadini.

La stagione del terrorismo, la pace e le prospettive della Brexit

La Repubblica d'Irlanda (in verde) e l'Irlanda del Nord (in rosa): la prima è Paese membro dell'Unione Europea, la seconda fa parte del Regno Unito e segue Inghilterra, Galles e Scozia fuori dall'UE
La Repubblica d’Irlanda (in verde) e l’Irlanda del Nord (in rosa): la prima è Paese membro dell’Unione Europea, la seconda fa parte del Regno Unito e segue Inghilterra, Galles e Scozia fuori dall’UE

Nel 1949 l’Eire diventò a tutti gli effetti uno stato indipendente. Nell’Irlanda del Nord, al contrario, le politiche di discriminazione contro la minoranza cattolica proseguirono, costellate da piccoli atti di guerriglia cattolica che si intensificarono negli anni ’60, sotto la spinta delle lotte per i diritti civili intensificatesi in tutto l’Occidente.
Le forze paramilitari dell’indipendentista IRA e dell’unionista UVF si fronteggiarono per quasi un trentennio. Le brutali repressioni militari operate dalle forze speciali britanniche e il regime carcerario duro nei confronti dei militanti dell’IRA conobbero come reazione una sanguinosa stagione terroristica anche in Inghilterra e le accuse di tortura emerse da un’inchiesta delle Nazioni Unite.
Solo nel 1998, con gli accordi del Venerdì Santo, si è giunti ad una pace duratura. Gli accordi previdero, tra l’altro, che Londra si impegnasse ad emanare la legislazione necessaria per creare un’Irlanda unita, qualora ciò fosse espressione della maggioranza dell’Irlanda del Nord. Un’eventualità, quest’ultima, che potrebbe rendersi concreta?

Ora il trattato di uscita dalla UE ha partorito un compromesso che potrebbe essere foriero di nuove tensioni: la UE ha preteso che non vi siano confini commerciali tra Eire e Irlanda del Nord. Di fatto quest’ultima sarà ora commercialmente parte dell’UE e ciò comporterà paradossalmente l’istituzione di una dogana

Al referendum sulla Brexit il 56% dei nord irlandesi votarono “remain” e il trattato di uscita dalla UE ha partorito un compromesso che potrebbe essere foriero di nuove tensioni: la UE ha preteso che non vi siano confini commerciali tra Eire e Irlanda del Nord.
Di fatto quest’ultima sarà commercialmente parte dell’UE e ciò comporterà paradossalmente l’istituzione di una dogana nei confronti delle merci che sbarcheranno dal resto del territorio britannico, di cui pure Belfast fa parte: anche se i controlli da parte UE si limiteranno al rispetto delle norme sanitarie e i dazi saranno applicati solo alle merci che raggiungeranno il resto della UE, si tratta di un equilibrio fragile che potrebbe rimettere in moto le forze centrifughe – verso Dublino e verso Londra – che hanno martoriato questa terra per quasi 5 secoli.

Davide Tondani