Due speranze si sono vanificate nel giro di pochi giorni: che sindaci e presidenti di giunte regionali cambiassero toni dopo le elezioni, che la pandemia potesse essere tenuta sotto controllo.
In entrambi i casi si può dire che le responsabilità siano da ripartire tra più soggetti: si parte dal governo (chi è alla guida deve sempre assumersi le sue responsabilità) per passare, appunto, agli amministratori intermedi (regioni e comuni) ed arrivare ai singoli cittadini: ognuno ha qualche motivo per fare “mea culpa”. Pur senza allinearsi alle becere posizioni espresse dai due leader del centro destra nel corso di questi mesi, bisogna pur riconoscere che qualcosa non ha funzionato nelle settimane di relativa tregua concessi dalla pandemia nella buona stagione. Si era detto in lungo e in largo che ci si doveva preparare al peggio, raccomandazioni a comportamenti responsabili sono state più volte espresse e oggi sembra che niente sia stato fatto in quel senso.
Forse è esagerato dire ‘niente’ ma di certo è un’amara sorpresa scoprire che i posti di terapia intensiva sono di nuovo avviati alla saturazione e che di nuovo sono a rischio anche i malati no-Covid. Un rimprovero al governo può essere fatto anche per una certa lentezza nel prendere decisioni, firmare i decreti e avviarne l’applicazione. Se le ultime misure contro la pandemia fossero state imposte tre o quattro settimane fa, forse ora non saremmo alle prese con numeri da disfatta. Ma qui entra in gioco il secondo elemento: il ruolo degli enti intermedi.
Dire che l’atteggiamento dei presidenti di Regione e dei sindaci delle grandi città è stato contraddittorio potrebbe risultare eccesso di eufemismo. Prima hanno battuto i pugni perché il governo invadeva il loro campo di azione, poi, messi alle strette, hanno mosso accuse al governo di giocare allo scaricabarile, per tornare a protestare per la faccenda delle tre classificazioni di gravità.
Questo dopo che il provvedimento in tal senso era stato concordato tra governo e regioni già a giugno. Ad aggravare il tutto ci sono le accuse al governo di aver “colorato” le regioni in base alla guida politica e, ancora più gravi, alle regioni di fornire dati incompleti se non falsi.
Infine, i cittadini. Lodati nel corso della prima ondata, sembrano diventati come coloro che, essendosi comportati bene, pensano che sia loro tutto dovuto. Forti anche del sostegno dei negazionisti (non dimentichiamo le dimostrazioni dei mesi scorsi), molti non riescono a capire che in una situazione come questa il primo atteggiamento da assumere è la prudenza. Si deve rinunciare alla solita vita? Ci si rinuncia senza tante storie. In tal modo l’attenzione potrà essere riportata su chi davvero ci rimette dal crollo degli affari e trovare le giuste modalità per far giungere celermente gli aiuti annunciati.
Antonio Ricci