Ognuno ha la sua ferita

Domenica 11 ottobre – XXVIII del tempo ordinario
(Is 25,6-10; Fil 4,12-14.19-20;  Mt 22,1-14)

38VangeloNelle parole di Gesù non c’è giudizio, c’è preoccupazione. C’è il tentativo di non far morire il cuore dell’uomo. “Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete invitateli alle nozze”: rimanere agli incroci della vita, nel cuore degli snodi principali, rimanere dove la vita chiede di scegliere e di decidere. Il primo passo per non morire d’inferno è uscire dai propri interessi e continuare a presidiare i crocicchi, gli incroci. Luoghi dove la vita è esposta e disposta a lasciarsi plasmare, dove la vita è ancora viva perché chiamata a decidere il profilo da assumere, chiamata a scegliere di sé, e a pensarci bene le nozze non sono altro che una scelta. La vita è buona perché è lo spazio in cui noi possiamo scegliere di noi, e scegliendo di noi narriamo dell’uomo e di Dio.
Questo amore per gli incroci rimanda a Gesù, alla sua capacità di trasformare il sacrificio in banchetto non modificando le sventure della vita ma scegliendo di rimanere, vivere incrociato, scegliere comunque l’uomo, costi quel che costi, anche di essere agnello al banchetto della vita.
Per non smarrire il lato promettente della vita, per non lasciare che il cinismo e la disillusione brucino tutto in noi siamo chiamati a stare dentro gli snodi della vita stessa: nascere, crescere, amare, soffrire, morire. È lì che l’invito al banchetto può essere accolto perché è lì e solo lì che c’è ancora fame. Fame di vita, fame di futuro, fame di amore, fame di speranza. Ciò che ci tiene in vita sarà la nostra capacità di rimanere affamati, e sarà come tenere aperto un bisogno, un vuoto, una ferita: “Ognuno di noi ha la sua ferita: io ho la mia.  Qui, sempre viva, quest’antica ferita è qui, sotto la lettera ingiallita macchiata di pianto e di sangue” fa dire Edmond Rostand a Cirano de Bergerac. Cirano muore vivo e innamorato e bellissimo proprio perché non ha mai dimenticato la sua ferita, ferita d’amore, unico bisogno che ha saputo riconoscere e conservare sotto una coperta di lacrime e parole.
E’ la ferita a mantenerci in vita, le ferite non vengono tolte dal Crocifisso, ferite che sono i veri crocicchi vitali, lì dove la vita ancora sanguina. Occorre fermarsi e scendere dentro di noi e impedire che la ferita si chiuda. L’amore, l’amore vero è un taglio a impedire che la cicatrice cancelli il passato. Se siamo stati feriti è perché abbiamo amato. Respirare profondamente trovare il coraggio di stare nel cuore dei crocicchi, dove la vita fa male, dove l’uomo ama, soffre, spera, chiede, sbaglia. Starci perché è il nostro posto. don Alessandro Deho’