Mons. Alberto Silvani, vescovo di Volterra, ha celebrato il pontificale delle 11 nella concattedrale. L’arcivescovo di Lucca, mons. Giulietti, ha presieduto la solenne celebrazione del pomeriggio in piazza della Repubblica
Nel giorno della festa più importante, Pontremoli ha accolto con affetto il vescovo di Volterra, mons. Alberto Silvani, per festeggiarlo in occasione dell’ormai prossimo 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. E quale migliore occasione poteva esserci se non quella di una celebrazione (il pontificale delle ore 11) che, come ha detto mons. Silvani all’inizio dell’omelia, “mi dà I’occasione di respirare un po’ di aria nostrale” e di ripensare “alle tante celebrazioni della Madonna del Popolo fatte con voi, qui a Pontremoli”.
La devozione mariana, ha ricordato il vescovo, è una costante del popolo cristiano, che si rivolge “a Maria chiamandola Madre di Dio” perché il Figlio di Dio ha preso “il suo corpo mortale dalla Vergine Maria e con questo corpo… è stato glorificato in cielo e siede alla destra del Padre… Maria ha accompagnato i primi passi di Gesù e i primi passi della Chiesa con il cuore di una madre sollecita e premurosa”.Guardando all’Italia e all’Europa, “siamo lontani dallo spirito del Vangelo. Molti, forse troppi, oggi si ergono come difensori della religione e vogliono difendere le radici cristiane dell’Europa senza essere praticanti e ignorando i principi basilari del cristianesimo. Le motivazioni per una vita cristiana vissuta non sono percepite con chiarezza, e il clima che respiriamo è la scristianizzazione”. Troppa è la distanza tra i valori professati nella fede e quelli praticati nella vita.
Questa crisi ci pone domande che esigono risposte diverse da quelle che si sono dimostrate fallimentari. “Non è più pensabile una ‘riconquista religiosa’; la Chiesa non è in grado di imporre per legge delle norme morali e se lo facesse, dovrebbe cercare l’appoggio di quelle forze che screditano il messaggio del Vangelo”. Il cristiano deve, quindi, presentarsi come profeta “che spinge lo sguardo verso orizzonti diversi, pur essendo impegnato fino al collo nell’aiuto ai fratelli bisognosi”.
In questo momento storico, “non possiamo imporre le nostre convinzioni, ma dobbiamo aiutare la forza della fede a emergere nonostante l’umana fragilità… Nostro compito è preparare il terreno”. “Sta scomparendo una forma storica di cristianesimo che certamente era meno perfetta di quanto una idealizzazione posteriore ci ha fatto pensare. Forse è giunto il momento di non dare troppa importanza alla molta zavorra che rallenta la missione della Chiesa e allargare invece lo spazio alle persone che nello sforzo di rispondere alla propria vocazione vogliono dare testimonianza di vita cristiana”. Il vero discepolo di Gesù, ha concluso mons. Silvani, non cede alla tentazione di sentirsi insignificante, ma impara piuttosto da Gesù a fidarsi di Dio Padre. (a.r.)
Anche la festa della Madonna del Popolo, come tante altre ricorrenze in questo strano 2020, è stata celebrata in modo straordinario: senza la processione serale lungo le vie del centro storico. Pur rimanendo inalterata la volontà di rinnovare il Voto pronunciato nel 1622 dalla comunità cittadina, quest’anno le celebrazioni religiose sono state limitate alle S. Messe, con ammissione dei fedeli contingentata.
Così è stato anche per il solenne pontificale delle 18, celebrato in piazza della Repubblica da mons. Paolo Giulietti, arcivescovo di Lucca, affiancato dal vescovo diocesano mons. Giovanni Santucci, dal vescovo di Volterra mons. Alberto Silvani, e dal vescovo emerito mons. Eugenio Binini. Hanno concelebrato i molti sacerdoti riuniti a Pontremoli per la Giornata Sacerdotale.
Presenti le confraternite e le autorità, guidate dalla sindaca Lucia Baracchini, che ha consegnato il cero votivo nelle mani del celebrante. L’animazione musicale è stata affidata alla Corale S. Cecilia e alla Musica cittadina, al loro rientro ufficiale.
Mons. Santucci ha aperto e chiuso la celebrazione, rivolgendo, all’inizio, il suo saluto al confratello e consegnando, al termine, le medaglie commemorative ai sacerdoti giunti al 25°, 50°, 60° e 70° anniversario di ordinazione.
Nell’omelia, pronunciata a braccio, mons. Giulietti ha sottolineato la “tonalità gioiosa – ribadita dai brani della Bibbia e del Vangelo proposti – della festa di oggi, di questo popolo che si stringe attorno all’immagine amata di Maria e alla memoria delle opere belle di cui è grato”. Una gioia non esente da prove: l’invito a Gerusalemme a non lasciar cadere le braccia giunge, infatti, in un momento difficile, in cui c’è necessità di stroncare il culto degli idoli.
Con le difficoltà del momento, fa i conti anche il canto del Magnificat: la vita di Maria viene sconvolta da questo concepimento non previsto, che la porta a intraprendere percorsi inediti e sconosciuti. La gioia per l’opera di Dio nasce, allora, dall’accogliere questa presenza in un momento difficile. “Anche la festa di oggi, ha precisato l’arcivescovo, nasce come momento di gratitudine per la consapevolezza dell’aiuto di Dio per intercessione della Vergine Maria in alcuni momenti difficili, che tra l’altro somigliano a quelli di oggi. Allora accogliamo anche noi questa gioia che si mette dentro le vicende tristi dell’uomo per portare un annuncio di speranza: dentro le difficoltà viene il Signore a offrire nuove e inaspettate possibilità”.
Questa è anche una gioia che chiama all’impegno: quello che il Signore fa ci sollecita alla collaborazione. Maria si lascia coinvolgere nell’annuncio di salvezza, non lo ascolta soltanto. Così noi dobbiamo sapere che questo aiuto chiede di essere accolto. Il Signore non fa magie, ci coinvolge nella sua opera che egli vuole compiere nella storia anche per mezzo di noi.
“Parliamo molto di cosa cambierà di fronte alla crisi di un sistema che ha manifestato la sua fragilità, ma questa novità che il Signore sicuramente viene a operare non accadrà se abbiamo paura di coinvolgerci… Non ci aspettiamo che il nuovo venga se non vogliamo cambiare, se non siamo disposti a perdere qualcosa”. Questo è il messaggio dei profeti, i quali annunciano la novità di Dio ma insieme sollecitano: ‘Non temere Gerusalemme!’.
Siamo tutti prigionieri delle nostre paure perché questa epidemia ha rivelato la nostra fragilità. Questa paura, se priva di fede, ci blocca, ci fa ‘cadere le braccia’; il profeta, invece, invita a mettersi nella fede dinanzi alla storia in cui Dio opera per accogliere da lui l’invito a non avere paura e a darsi da fare. Ecco il messaggio della parola di oggi.
Ecco l’invito della Vergine che, lei per prima, non ha paura e si dà da fare. Allora, anche noi, mentre siamo grati al Signore che non manca mai di venirci incontro in ogni circostanza, accogliamo questa venuta con quel coraggio che nasce dalla fede e ci rende capaci di muovere e di sporcarci le mani per essere costruttori del nuovo che il Signore annuncia e realizza.
Antonio Ricci