Si sarebbe detto impossibile, eppure un fatto di cronaca è riuscito almeno ad eguagliare, nella classifica delle notizie diffuse da social, tv, giornali cartacei e quant’altro, la tragedia della pandemia da coronavirus. Questo a partire dal Paese in cui la notizia ha avuto origine: quegli Stati Uniti che, anche grazie alla lungimiranza del loro presidente, sono ancora alle prese con l’aggressività del contagio e i suoi effetti letali. La notizia è ormai di qualche giorno fa e può essere così riassunta.
Un afro-americano di 46 anni, George Floyd, è morto dopo essere stato sottoposto ad un arresto particolarmente brutale da quattro poliziotti, uno dei quali (già coinvolto in atti di violenza) lo ha bloccato per una decina di minuti, tenendo premuto il ginocchio sul collo dell’uomo. Il tutto è avvenuto per le strade di Minneapolis, nel Minnesota, nord degli Usa. Le versioni della polizia, dei testimoni (ci sono anche dei video) e della famiglia, è appena il caso di dirlo, sono contrastanti; per questo, pur di fronte a un comportamento che appare chiaro nella sua brutalità, è azzardato emettere sentenze basate sui vari resoconti. Non ammette, invece, dubbi la situazione che si è venuta a creare a seguito di ciò che appare come l’ennesimo comportamento violento delle forze dell’ordine nei confronti degli afro-americani.
Le statistiche dicono che essere “neri” in America mette a rischio di soprusi da 2 a 6 volte in più rispetto alla media. Le colpe non sono tutte solo di chi di volta in volta quei soprusi li pratica: un ruolo importante lo giocano le situazioni di disagio ed emarginazione in cui ancora oggi vivono gli afro-americani.
Ad essere onesti non sono nemmeno tutte di Trump. Lui ci mette del suo con dichiarazioni che gettano benzina sul fuoco; ma va detto che la “questione dei neri” non ha registrato grandi miglioramenti nemmeno sotto la presidenza Obama, il quale, di certo, non poteva essere accusato di odio nei loro confronti! Il virus del razzismo sembra avere qualcosa da insegnare, dal punto di vista della sopravvivenza, al Covid-19. Sta di fatto che, ancora una volta, l’America è in fiamme: si registrano manifestazioni in diverse zone del Paese, morti e feriti, incendi e distruzioni. Sono tornate le scene delle cariche delle forze dell’ordine; è stata presa di mira la stessa Casa Bianca.
L’ineffabile Trump, per abbassare i toni, ha parlato di uso dell’esercito… Diverse sono le voci che si sono fatte sentire per chiedere giustizia. Di razzismo che “penetra in ogni aspetto della vita negli Stati Uniti” ha parlato apertamente Pax Christi Usa. Il parroco, padre Erich Rutten, si è detto sofferente “perché episodi di questo tipo continuano ad accadere”. L’arcivescovo, mons. Bernard A. Hebda, ha chiesto preghiere per la famiglia e invocato un’indagine completa e una vera giustizia.
Antonio Ricci