
Nuova ordinanza sindacale per contrastare gli assembramenti; ma dietro le motivazioni anti-covid si celano criticità evidenti da ben prima della pandemia

Lievi ritocchi, che non modificano l’indirizzo politico adottato sulla vendita di alcoolici a Pontremoli nel fine settimana. Il 16 giugno la sindaca Lucia Baracchini ha revocato l’ordinanza emanata quattro giorni prima con cui, dal 12 al 30 giugno, si vietava “la vendita da asporto di bevande alcoliche… dalle ore 19 alle ore 6 del giorno successivo” in qualsiasi tipi di esercizio all’interno dell’intero territorio comunale. La nuova ordinanza, accogliendo alcune osservazioni pervenute dai gestori di esercizi commerciali, vieta “la vendita da asporto di bevande alcoliche dalle ore 20,30 (un posticipo di un’ora e mezza dell’inizio del divieto, ndr) alle ore 6 del mattino seguente”. Resta immutato, sino al 30 giugno, il termine del periodo delle limitazioni; viene allungato l’orario di apertura dei locali fissato alle 0,30 nei giorni feriali (nella prima ordinanza sindacale l’orario era le 23.30) e all’una nei festivi e prefestivi. Non cambia dunque la sostanza dei provvedimenti assunti dalla Baracchini a breve distanza dalla riunione del 5 giugno del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza di sindaci e rappresentanti di diversi comuni – tra cui Pontremoli – ed esponenti di Confesercenti e Confcommercio. Il Prefetto di Massa Carrara, Paolo D’Attilio, aveva rilevato situazioni di criticità determinate da comportamenti non rispettosi delle prescrizioni sanitarie vigenti da parte di gestori e clienti di esercizi pubblici ed evidenziato la necessità “di contemperare il primario interesse alla tutela della salute pubblica con l’imprescindibile ripresa delle attività economiche”. In effetti l’ordinanza, che ha avuto come risposta una dura presa di posizione dei gruppi di opposizione in consiglio comunale, è ufficialmente motivata da ragioni di contrasto alla diffusione del coronavirus. Ma appare chiaro che la ripresa della vita pubblica dopo le lunghe settimane del confinamento, contraddistinta quasi ovunque in Italia da comportamenti ben lontani dalle prescrizioni anti-assembramento, rimanga sullo sfondo e che i problemi a cui la sindaca ha cercato di porre argine sono quelli tipici della “movida”, caratterizzata nelle settimane scorse da più di un problema di ordine pubblico. L’ordinanza firmata dalla Baracchini, infatti, regola, non a caso, aspetti che hanno a che fare più con il decoro e l’ordine pubblico che con le norme anti-covid, come la rimozione dei rifiuti da parte degli esercenti in corrispondenza delle loro attività e l’accesso ai parchi pubblici di via Oderzo e del Ponte dello Stemma e alle aree demaniali di Magra e Verde, vietati dalle 21 alle 7: aspetti su cui Pontremoli si interrogava da ben prima della pandemia.
Davide Tondani
Il coraggio di guardare in faccia la realtà
La ripresa della vita sociale dopo le dolorose settimane del confinamento ha messo, dunque, l’Amministrazione di fronte alla necessità di regolare la piccola “movida” pontremolese, negli ultimi anni assunta a calamita dell’intrattenimento giovanile lunigianese. Lo ha fatto appellandosi alla necessità di mantenere comportamenti vigili nel contrasto al coronavirus, evitando con questo di ammettere che il problema è un altro. Tutti sanno che i parchi di via Oderzo e del Ponte dello Stemma sono da anni oggetto di atti vandalici, oltre che di trascuratezza nella vigilanza e nella manutenzione; che le deturpazioni delle piante nel viale dei Chiosi sono vecchie quasi due decenni, come gli atti vandalici nelle piazze e nel Piagnaro e i bivacchi nelle aree fluviali nei giovedì sera estivi, con i loro strascichi sulle vie verso certi locali. Qualcuno ne ha parlato a mezza voce, in molti hanno messo la testa sotto la sabbia, nulla si è fatto per guardare in faccia la realtà. La cosa, di per sè, è inevitabile: il perbenismo è connaturato alla vita dei piccoli centri (anche se Pontremoli ha titolo di “città”) e quindi bisogna farci i conti. Ma oltre certe soglie, le mistificazioni non sono più accettabili. È necessario dunque dire con chiarezza che a Pontremoli i problemi delle serate giovanili votate all’eccesso non si “sono verificati nei precedenti fine settimana” come recita la motivazione dell’ordinanza n. 113, ma sono presenti da diversi anni. E il problema non sono solo – si legge sempre in un passaggio alquanto ipocrita dell’ordinanza – “avventori in prevalenza giovani e, spesso, provenienti da fuori città”. No: il problema sono anche i giovani (e meno giovani) pontremolesi. Così come il fenomeno della “movida” non è “strettamente connesso alla somministrazione di bevande alcoliche” ma si spinge fino allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti. Rispetto a tutto ciò, negli ultimi decenni si è deciso di non riflettere, non parlare e, di conseguenza, di non agire. A Pontremoli e in Lunigiana c’è un diffuso problema di disagio giovanile, che non riguarda tutto il pianeta giovani, ma rispetto al quale è necessario capire cause e conseguenze, leggendo e ascoltando la realtà, mettendo in campo azioni di contrasto. In molte realtà italiane questo ha significato coinvolgere gli operatori di strada di Asl, il Ser.t., il volontariato, la scuola, gli oratori, le famiglie, le forze dell’ordine in progetti che non offrono soluzioni immediate ma che tentano la strada complessa della prevenzione e dell’integrazione sociale. E a Pontremoli, e in Lunigiana, che si fa? Le ordinanze restrittive servono a poco, soprattutto se non si fanno controlli e se le stesse sono facilmente aggirabili acquistando alcool al supermercato. A meno che i problemi che si vogliono risolvere, magari mettendo in difficoltà operatori commerciali già colpiti dal lockdown e i clienti più tranquilli, siano solo quelli della quiete pubblica e del decoro della città.