
Di Ponticello di Filattiera. Classe 1923, si è spento a Milano

E’ morto il 23 aprile a Milano, dove risiedeva da lunghi anni, Emilio Musetti: classe 1923, il 16 settembre avrebbe compiuto 97 anni. Lo ricordano, con amicizia e commozione, gli amici di Filattiera e in particolare quelli di Ponticello.
Emilio Musetti era nato in una famiglia che viveva a Dobbiana ma era cresciuto a Ponticello, rimasto per tutta la vita il luogo del cuore; da qui era partito alla volta di Roma, appena compiuti i 19 anni per arruolarsi nei Carabinieri Reali a cavallo. Fatto prigioniero dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre, ha seguito il destino di migliaia di altri militari italiani: l’internamento nei campi di prigionia come IMI.
A lui era toccato un interminabile “soggiorno” in un campo in Austria, con durissimi turni di lavoro in miniera; il suo numero di matricola – che mai avrebbe più dimenticato – era il 34791. Finita la guerra era iniziato il lungo e avventuroso viaggio di ritorno a casa: due mesi in gran parte a piedi, mangiando quando capitava, dormendo nei posti più svariati e senza documenti.
L’Austria distrutta dalla guerra, ma l’Italia non era da meno… ecco Udine, poi Mestre, Forlì, Firenze… Grazie ad un passaggio era arrivato a Pisa; poi Viareggio, Massa e, piano piano, su fino a Scorcetoli.
A casa, finalmente! La carriera militare nei Carabinieri era poi continuata a lungo, in totale 36 anni con l’uniforme, prima al servizio del Re, poi della Repubblica; ma in quella casa di Ponticello tornava ogni volta che poteva, anche di recente nonostante l’età.
Era uno degli ultimi, forse proprio l’ultimo, dei Carabinieri Reali ancora in vita. Durante gli anni di servizio era stato scelto in tante occasioni per partecipare alla scorta d’onore a diversi personaggi politici e autorità in visita nella Capitale: ai giovani che lo ascoltavano quasi increduli raccontava di aver fatto parte del drappello per Mussolini, per il Negus e anche per il maresciallo Tito.
Le serate con lui a Ponticello si trasformavano in avvenimenti. E nel 2015 era stato nominato “custode del borgo”, occasione nella quale aveva anche ricevuto simbolicamente le chiavi del paese. Ora a custodirne la memoria restano la moglie Gina e i figli Maurizio e Lorenzo. (p. biss.)