
Sandro Pertini moriva a Roma trent’anni fa, il 24 febbraio 1990. In carica dal 1978 al 1985

Uno dei momenti più emozionanti dell’intervista che Lidia Campolonghi, figlia di Luigi, mi concesse nel 1988 in occasione di una delle sue ultime venute a Pontremoli fu il ricordo del legame di amicizia tra il padre e Sandro Pertini, esule in Francia perché perseguitato dal fascismo.
Il futuro presidente della Repubblica Italiana, ricercato dopo il fallito attentato a Mussolini, nell’autunno del 1926 era riuscito infatti a sfuggire all’arresto imbarcandosi clandestinamente a Savona alla volta della Corsica. Dopo un periodo trascorso a Parigi decise di avvicinarsi il più possibile al territorio italiano stabilendosi a Nizza dove rimase fino alla primavera del 1929 quando, attraverso la Svizzera, rientrò in Italia. Per mantenersi nei due anni di permanenza in Francia si adattò un po’ a tutti i lavori e frequentò assiduamente gli ambienti politici, in particolare con i compagni socialisti, e prendento parte anche all’attività della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo, la cui organizzazione in Francia era stata fondata nel 1922 proprio da Luigi Campolonghi e alla quale partecipavano esponenti antifascisti come Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Claudio Treves ma anche l’altro lunigianese Alceste De Ambris.
Lidia Campolonghi ricordava bene i tratti di quel piccolo, grande uomo che da lì a pochi mesi sarebbe stato arrestato a Pisa e condannato al confino.

Pertini era nato nell’entroterra savonese, a Stella San Giovanni, il 25 settembre 1896; a Genova si era laureato in giurisprudenza e a Firenze in sciente sociali e politiche. L’iscrizione al Partito Socialista è del 1918: si è appena conclusa la prima guerra mondiale nella quale il futuro presidente ha combattuto sul fronte dell’Isonzo – prima sull’altopiano della Bainsizza, poi a Caporetto – infine sul Pasubio, entrando poi a Trento il 4 novembre. Nel 1920 viene eletto in Consiglio Comunale a Stella nella lista socialista e l’anno successivo è tra i delegati della federazione di Savona al congresso di Livorno nel quale si consuma la scissione della fazione comunista.
Quando nell’autunno 1922 la corrente riformista viene espulsa si avvicina al neonato Partito Socialista Unitario: con lui ci sono anche Filippo Turati, Claudio Treves e Giacomo Matteotti. Proprio l’uccisione dell’amico da parte dei fascisti nel 1924 lo spinge ad iscriversi al partito del quale Matteotti era segretario. Come accennato il ventennio fascista lo vede prima esule in Francia, poi arrestato a condannato al carcere e al confino a Ponza e a Ventotene.

Torna uomo libero solo con la caduta di Mussolini e nell’agosto 1943 partecipa a Roma alla fondazione del PSIUP; qualche settimana dopo entra nella giunta militare del CLN e il 10 settembre imbraccia le armi contro i tedeschi a Porta San Paolo per la difesa di Roma che gli sarebbe valsa la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Arrestato il 15 ottobre, viene condannato a morte: la condanna non viene però eseguita subito e nel gennaio 1944 viene liberato da un’azione dei partigiani; riprende così l’attività clandestina tra Roma, Milano, Firenze e Genova, ma anche alla Spezia dove sono numerosi i contatti con i partigiani.

Nel dopoguerra è direttore dell’Avanti e membro della Costituente nonché senatore nella prima legislatura della quale è ben noto il suo voto contrario all’adesione dell’Italia al Patto Atlantico con il quale sarebbe poi stata costituita la Nato. Dal 1953 in poi è sempre eletto alla Camera dei Deputati della quale è presidente a partire dal 1968, carica confermata nel 1972.
In occasione del rapimento di Aldo Moro sposa la linea dell’intransigenza e proprio in quel 1978 viene eletto Presidente della Repubblica: la DC dovette cedere alle pressioni del segretario del PSI e alleato di governo, Craxi, per rinunciare alla carica a seguito dello scandalo Lockheed che aveva portato alle dimissioni di Giovanni Leone. Ma l’elezione di Pertini arriva solo al termine di una lunga serie di votazioni andate a vuoto e non è secondaria la spinta dell’opinione pubblica nazionale a favore di un significativo rinnovamento. Il 9 luglio il neopresidente presta giuramento: inizia l’ultimo, lungo e significativo atto di una vita di impegno rigoroso nella difesa della libertà e dei diritti.
(Paolo Bissoli)