Il ponte di Mignegno salta in aria: è il 18 marzo 1945

L’azione dei partigiani della “Beretta” nel racconto di uno dei protagonisti

Il ponte di Mignegno oggi: il 18 marzo 1945 i partigiani fecero saltare la pila che si vede a sinistra nella foto provocando il crollo di due arcate.
Il ponte di Mignegno oggi: il 18 marzo 1945 i partigiani fecero saltare la pila che si vede a sinistra nella foto provocando il crollo di due arcate.

Nelle ultime settimane di guerra il destino del ponte di Mignegno è segnato: i partigiani vogliono farlo saltare quanto prima per rallentare i movimenti dei tedeschi; intenzione del comando germanico è distruggerlo alle proprie spalle al momento della ritirata.
Ai primi di marzo il Comando Unico Parmense incarica la Divisione Cisa di organizzare il sabotaggio: tocca a Giuseppe Molinari “Birra” e ai suoi uomini mettere a punto il piano. Ma l’impresa è complicata: da tempo i tedeschi hanno piazzato un forte presidio a guardia del ponte che, inoltre, ha una struttura imponente contro la quale serve una grande quantità di esplosivo. Inoltre bisogna realizzare nei piloni gli alloggiamenti per piazzare le cariche, altrimenti il rischio è che il tritolo non abbia la forza di far crollare il grande manufatto. Il comando della “Beretta” riuscì a risolvere tutti i problemi e la missione ebbe successo nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1945, ormai settantacinque anni fa.
Per rivivere quelle ore utilizziamo la testimonianza di un partigiano di Mignegno, Armano Angella, raccolta nel 2009 dal figlio Franco e da Sergio Cariola. Una intervista che, attraverso la voce di uno dei protagonisti, ci fa rivivere l’impresa. “Eravamo accampati nella zona del Brattello – racconta Angella, per tutti “Cit” – quando sono stato convocato da Birra nel comando a Succisa”: bisogna far saltare il ponte di Migneno, gli dice il comandante della “Beretta”: da quel momento iniziano i sopralluoghi e si progetta l’azione.
Emerge subito la possibile soluzione al problema di come piazzare l’esplosivo: si utilizzeranno le cavità realizzate dai tedeschi stessi intenzionati a far saltare il ponte durante la ritirata; sono state realizzate sia nei piloni che nel piano stradale, chiuse poi con tavole che, almeno nel primo caso, si possono rimuovere senza farsi notare.
10ponte_Mignegno3Decise anche le squadre da inviare: la prima con lo zerasco Luigi Pedrini, esperto in eplosivi, e comprendente anche Sinibaldo Ristori di Mignegno, dovrà trasportare il tritolo a dorso di mulo il più possibile vicino all’obiettivo; poi, a piedi nel greto del fiume con le pesanti casse in spalla, arrivare al pilone occidentale e piazzare le cariche nella cavità realizzata dai tedeschi.
La seconda squadra dovrà controllare la strada: il pontremolese Duilio Trivelloni “Tic tic” con una decina di uomini si dovrà piazzare sull’altura appena sopra il ponte; altri uomini comandati da Gino Trivelloni “Kammauri” dovranno controllare il tracciato della Statale più a monte. A valle, sopra il bivio tra la Statale e la strada per Traverde, si sarebbe posizionata una terza squadra, comprendente anche un altro partigiano di Mignegno, Nello Angella “Boia”; un altro gruppo con Nino Bertolini si sarebbe occupata dell’area attorno al paese non lontano dal presidio tedesco.
La quarta e ultima squadra sarebbe stata composta da appena tre uomini guidati proprio da Armano Angella: a loro il compito di muoversi in silenzio e neutralizzare il corpo di guardia che i tedeschi avevano piazzato alla fine dell’abitato di Mignegno, a poche decine di metri dall’imbocco del ponte. Per questo “Birra” affida al “Cit” una pistola mitragliatrice dotata di silenziatore: “Stai attento – gli dice invitandolo a riportarla a missione finita – è l’unica che abbiamo”. Nell’azione vengono coinvolti anche due civili di Mignegno: Renzo Betta ed Elena Angella. Il primo, poco più che un ragazzo, doveva tagliare il filo di ferro che teneva in posizione le tavole collocate dai tedeschi a chiudere le cavità dove piazzare l’esplosivo; la seconda, fingendo di lavare i panni nel torrente, doveva coprire la sua azione che si sarebbe svolta in gran parte allo scoperto. Nella tarda serata del 18 marzo le squadre sono in posizione.
10ponte_Mignegno2“Non potevamo scendere dalla strada di Succisa perché saremmo stati subito scoperti dai tedeschi che erano proprio posizionati al bivio con la Statale – racconta Armano Angella – così io e gli altri due siamo arrivati dalla parte opposta del ponte che all’epoca aveva un muretto continuo dietro il quale potevamo ripararci”. Mentre i tre stanno per avanzare verso il corpo di guardia un tedesco, forse insospettivo da qualche rumore proveniente dal greto del fiume, lancia l’allarme “Banditen!” e corre verso la casa dove erano gli altri del presidio.
A quel punto Angella, lasciati i due compagni al riparo, avanza allo scoperto verso il centro del ponte ma la reazione del nemico tarda ad arrivare. Ma non c’è tempo per pensare: dopo pochi minuti, alle 23,30 circa, i guastatori sparano due raffiche per dare il segnale che la miccia è accesa. Armano Angella torna di corsa sui suoi passi e con gli altri due raggiunge il castagneto vicino mettendosi al riparo: appena in tempo per evitare l’arrivo di una colonna di camion tedeschi che scendono dalla Cisa.
Un fragore devastante annuncia l’esplosione dei 95 kg di tritolo e qualche secondo dopo il pilone crolla portando con sè due delle arcate: la colonna di camion ha in parte imboccato il ponte, uno riesce a passare, gli altri sono bloccati.

La lapide in marmo murata al centro del ponte ricostruito, purtroppo nascosta dal guard rail. Vi si legge: “Distrutto da eventi bellici nel 1945 / ricostruito in 120 giorni / riaperto al traffico il 31 marzo 1946”
La lapide in marmo murata al centro del ponte ricostruito, purtroppo nascosta dal guard rail. Vi si legge: “Distrutto da eventi bellici nel 1945 / ricostruito in 120 giorni / riaperto al traffico il 31 marzo 1946”

L’azione ha avuto pieno successo! Ai partigiani non resta che sganciarsi: Angella con i due compagni attraversa il Magra sopra alla Serra, non senza preoccupazione visto che bisogna evitare i tedeschi e i campi minati. Arrivati a Toplecca trovano riparo presso una famiglia che da mesi collabora con loro.
Il ponte di Mignegno sarebbe stato poi ricostruito a guerra finita: la lapide in marmo posta un anno dopo al centro dello stesso non accenna all’azione dei partigiani, lasciando quasi intendere che possa essere stato colpito dagli Alleati. Vi si legge infatti: “distrutto da eventi bellici nel 1945, ricostruito in 120 giorni, riaperto al traffico il 31 marzo 1946”.
Armano Angella ci ha lasciato pochi anni fa: dopo lunghi anni di lavoro in Francia tornava periodicamente nella sua Mignegno dove ora riposa. Possiamo solo immaginare il gesto con il quale ha restituito al comandante “Birra” la preziosa arma: “missione compiuta”!

Paolo Bissoli