Un paio di settimane di vita e le “sardine” già sono al centro di attenzioni e critiche più o meno interessate. Facile dire, oggi, che è naturale che i giovani – tenuti da troppo tempo ai margini della società – scendano in piazza per dire “ci siamo anche noi”. Facile dirlo, appunto, meno facile farlo. Per questo è importante che le “sardine” siano nate e, seguendo l’istinto del “banco” – si badi bene: non è un errore di battuta! – si siano radunate, almeno fino ad oggi, nei luoghi dove il partito di Salvini rischia di fare terra bruciata.
Un Salvini che, come sempre eterodiretto, ha cambiato modi (qualcuno dice che in Emilia veste un po’ come Bertinotti, avendo abbandonato felpe e giubbotti) e, in questo allievo di Berlusconi, nomina i comunisti un giorno sì e l’altro pure, certo che dalla sconfitta dello zoccolo duro della sinistra emiliana potrebbe derivare la sua vittoria. Ma torniamo alle “sardine”.
Chiaro che, essendo nate come movimento anti-Salvini, è proprio da quella parte che piovono su di loro le critiche e le irrisioni più aspre. La mancanza di un disegno organico, di un posizionamento politico esplicito sono rimproveri che non tengono conto del breve tempo trascorso dalla loro nascita. A ben guardare, però, nel loro modo di essere sono presenti alcuni principi che li fanno apparire tutt’altro che sprovveduti. Intanto il nome, che nasce dalla speranza di riempire le piazze fino al punto di stare stretti come sardine.
Poi alcuni argomenti del loro manifesto: i numeri valgono più della propaganda e delle fake news; arte, bellezza, non violenza; nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza; se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare: occorrono speranza e coraggio… e altro ancora. Concetti alti, belli, magari un po’ sbilanciati verso l’utopia; se il movimento andrà avanti, dovranno fare i conti con la realtà ma non possono essere sottovalutati solo perché non rispondono per le rime al clima infuocato della propaganda politica.
E allora un serio esame di coscienza deve farlo anche la parte alla quale le “sardine” sembrano rivolgersi con maggiore interesse. Tanto il Pd quanto M5S dovranno decidersi ad uscire dal gioco secondo il quale “al governo ci sto, ma…”.
Una prospettiva che vada oltre il piccolo cabotaggio, che porti le due forze politiche a distaccarsi da false certezze per cercare di capire sul campo di cosa il Paese ha veramente bisogno: di certo non di un nuovo “contratto”, che può andar bene al mercato delle vacche ma non nelle stanze di governo di un Paese evoluto.
Alla fin fine, con tutto rispetto per quei giovani pesciolini, ci dovrà pur essere, nel panorama politico, qualcuno capace di dire cosa farà “da grande” per arginare, con un’azione politica adeguata, la forte spinta verso destra che sta premendo sul Paese!
Antonio Ricci