Zuzana Caputova è la prima presidente donna della Slovacchia

14Caputova_SlovacchiaTempo di votazioni in Europa: nei giorni scorsi è toccato a Slovacchia, Turchia e Ucraina; nel Regno Unito il Parlamento è sotto pressione da diverse settimane per le scelte sulla Brexit; infine, il 23-26 maggio, le europee per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.
In Slovacchia i cittadini hanno scelto per la prima volta una donna come nuova presidente della Repubblica, Zuzana Caputova: giovane avvocatessa, divorziata, madre di due figli, nota per le sue battaglie a favore dei diritti e per le battaglie contro mafie e corruzione. Una europeista convinta in un Paese che fa parte del gruppo sovranista che comprende Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca: da molti il risultato è letto come possibilità di una incrinatura nel cosiddetto gruppo di Visegrad contrario all’integrazione europea.
Soddisfazione è stata espressa dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che ha interpretato il risultato come “un segnale positivo” rispetto al “cinismo delle politiche di potere e alle false promesse del populismo”. Un messaggio dai toni positivi anche quello di mons. Stanislav Zvolensky, presidente della Conferenza episcopale slovacca, che afferma: “Mi auguro che la nuova presidente difenda i valori fondamentali che stanno alla base della nostra società e che lavori per la promozione e il rafforzamento del bene comune sulla base dei principi cristiani”.
Altra aria si respira in Ucraina: dal primo turno delle elezioni presidenziali è emerso primo il comico Volodymyr Zelenskiy, in testa con il 30 per cento dei voti, seguito dal presidente uscente, l’europeista e anti-russo Petro Poroshenko, al 17%; esclusa dal ballottaggio del 21 aprile l’ex premier Julija Tymoshenko (13%). Poroshenko si è mostrato fermo rispetto alle pretese russe su parte del territorio ucraino e un personaggio-ponte tra Kiev, Unione europea e Nato. Quanto a Zelensky, neofita della politica, molti si chiedono se saprebbe tenere insieme la nazione e fare da contraltare a Vladimir Putin.
Le elezioni amministrative nella Turchia di Recep Tayyp Erdogan, presidente ormai insofferente delle regole ed equilibri democratici, hanno detto che l’Akp, il partito del presidente, ha perso la guida delle due principali città del Paese, la capitale Ankara e la moderna Istanbul. Non una sconfitta definitiva, ma di sicuro una battuta d’arresto alla politica repressiva e antieuropea di Erdogan. Da queste elezioni, forse, esce confermata una polarizzazione crescente della politica: sbiadisce la volontà di coltivare ambiti di incontro, spazi di confronto e di sfida sul piano di valori, idee e progetti, mentre si cerca lo scontro, giocato per lo più su slogan semplicistici e costruzioni di mura e fossati tra le parti, con un atteggiamento che assomiglia sempre di più al tifo da stadio.