
Nel 1441 passa a Milano nell’ambito del matrimonio tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. Da tempo il borgo tra Magra e Verde aveva perso l’autonomia di libero comune ed era passato da una signoria all’altra: Genova, Lucca, Parma… Sarebbe rimasta sotto il controllo di Milano e della Spagna per due secoli. Nel Seicento sarà poi venduta prima ancora a Genova e poi a Firenze

Pontremoli, posta al di qua dell’Appennino, è stata parte periferica delle signorie milanesi dei Visconti, degli Sforza e, dopo le guerre tra Francia e Impero, finisce sotto il governo spagnolo del ducato di Milano. Una storia di passaggi di sovranità legata alla sua posizione geografica che la rende strategica “chiave e porta” sulla strada per Roma.
Nel Trecento-Quattrocento perde la sua autonomia di libero Comune e conosce lo scontro di interessi politico-economici degli Stati regionali italiani: Arrigo VII imperatore nel 1313 la cede ai Fieschi genovesi, è sottoposta a signorie forestiere di Castruccio degli Antelminelli (1320-1328), dei Rossi di Parma, degli Scaligeri, dei Noceti di Bagnone.
La subordinazione a Milano muove dalla ripresa di una politica espansionistica da parte di Filippo Maria Visconti, divenuto duca nel 1412, che interessa anche la Lunigiana: il suo condottiero Niccolò Piccinino entra a forza nel 1431 dentro le mura di Pontremoli, che diventa dominio milanese, sancito dalla successiva pace di Firenze; ambasciatori vanno a Milano per prestare obbedienza al duca Filippo Maria Visconti, il quale concede al Comune di mantenere le proprie istituzioni amministrative: una “libera sudditanza”.
Entra in scena Francesco Sforza romagnolo capitano di milizie mercenarie, preso dal Machiavelli come esempio di principe nuovo che “di privato diventò duca di Milano” con la sua “virtù” militare e con le strategiche nozze con Bianca Maria figlia naturale e unica erede di Filippo Maria, che porta in dote il possesso di Pontremoli e di Cremona.
Quando nel 1450 viene acclamato duca da una Milano affamata, i pontremolesi subito inviano congratulazioni e gli fanno omaggio di un bacile d’argento. Il figlio Gian Galeazzo Sforza, diretto a Firenze, fa sosta a Pontremoli nel marzo 1471 con un seguito sfarzoso, tra i segretari c’è anche il pontremolese Francesco Trincadini, figlio di Nicodemo. Pontremoli spera di essere elevata al rango di città per ottenere un proprio registro della nobiltà e la sede di una diocesi da costituire; non ottiene nulla perché il duca viene ucciso in una congiura e con inganni diventa duca il fratello Ludovico detto il Moro.
Il ducato sforzesco attraversa gli anni turbinosi delle guerre tra Francia e Impero per il dominio dell’Italia, che non riesce a rimanere indipendente a causa del suo perpetuo vizio delle divisioni faziose. Pontremoli sta dentro quelle tragiche e decisive vicende della storia d’Italia; è incendiata nel 1495, è attraversata da eserciti e da masnade di mercenari che sono anche predatori e stupratori. Il vincitore alla fine è Carlo V d’Asburgo imperatore. Dopo la sua abdicazione gli sterminati domini asburgici vengono divisi e al figlio Filippo II viene assegnato il regno di Spagna con le colonie americane, i domini italiani di Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, i Paesi Bassi e in Toscana lo Stato dei Presìdi con Piombino.
Con gli Amici del Campanone a Milano in visita al Castello Sforzesco
Milano è una città ricca d’arte, che ora sa proporre ai turisti sempre più numerosi con intelligenti allestimenti. Il castello Sforzesco è un monumento bellissimo nella sua ampia, razionale architettura testimone della lunga storia di Milano, è ripercorribile nelle sue trasformazioni da castello difensivo dei Visconti a residenza ducale degli Sforza. Al suo interno di recente sono stati allestiti 14 Musei a soggetto dall’arte antica alle arti visive. Le due sale dell’arte romanica in Lombardia espongono molti frammenti di sculture in arenaria di forte carica espressiva, alcune con citazioni dall’Antelami; altra sala ripercorre memorie storiche milanesi. Una grande sala è tutta per la “Pietà Rondanini”, ultima delle Pietà di Michelangelo, è di una bellezza che incanta per l’intensità drammatica dei due scarni corpi di Madre e Figlio congiunti in reciproco sostegno, quasi fusi in un’unica figura. È l’ultima opera dell’artista, è interpretata come il suo testamento spirituale, la compose poco prima della morte avvenuta nel 1564 quando aveva più di ottant’anni, ha il “non finito” che fa vedere i faticosi colpi dello scalpello e le parti levigate. Il tema della morte rivela la sua profonda religiosità. Girare intorno a questa Pietà dà forte emozione, suscita riflessioni e aiuta a confortare gli inquieti giorni in cui ci tocca vivere. Per vedere anche questa sola meraviglia vale fare un viaggio a Milano. Agli Amici del Campanone che ne hanno programmato la visita un grazie sincero.
Pontremoli diventa quindi dominio spagnolo tramite il governatorato di Milano. Dai Promessi Sposi possiamo farci un’idea di come fossero le condizioni di vita sociale ed economica sotto gli spagnoli, con le ”gride” violate dai signori e inesorabili coi poveri, sono ancora più desolate di quelle del “ramo del lago di Como” dove i due “promessi” trovavano lavoro nelle filande di seta.
Da noi era limitata la struttura della proprietà terriera, senza investimenti; profitti significativi venivano dall’ esercizio professionale all’estero e riportati a Pontremoli, che contava non più di 2mila 500 abitanti, ma 70 avvocati e 24 notai! I
l dominio spagnolo su Pontremoli va dal 1555 al 1647. Da ricerche d’archivi pubblici e privati e estimi Roberto Musetti elaborò uno studio su economia e società a Pontremoli nel Seicento: fin quando è spagnola la proprietà terriera era in poche mani degli abitanti del centro, la figura familiare del contadino pontremolese è quella del piccolo proprietario che lavora anche le terre dei signori con vari vincoli contrattuali. Un modo di aumentare la proprietà era attraverso la dote della sposa, sempre di pari rango col marito e quasi sempre della stessa parrocchia.
Come una “merce” Pontremoli è venduta a Genova e tre anni dopo, nel 1650, è acquistata dal granduca di Toscana Ferdinando II Medici. Nella relazione sulla terra e Stato di Pontremoli il commissario granducale denunciava il “consistente esodo di popolazione rurale pontremolese diretta, in particolare, verso la Lombardia”. Una condizione di vita del passato lontano ma anche recente.
(Maria Luisa Simoncelli)