Nuove tensioni in Europa dal settore agricoltura per la Politica Agricola Comune

Politica agricola comune: creano agitazione tra i coltivatori le previsioni di tagli alle aziende

39PAC_UnioneEuropeaL’Europa è ormai da qualche mese alle prese con la rielaborazione della Politica agricola comune (Pac). Questione non facile da affrontare e tanto meno da risolvere, specie in tempi in cui si registrano ritorni di fiamma dei nazionalismi.
Quello della Pac rimane, infatti, uno dei pilastri fondanti l’Europa unita, perno attorno al quale in passato si sono consumate battaglie politiche dal tono quasi epico, con manifestazioni di agricoltori, blocchi delle strade e cariche della polizia.
Oggi clima e toni sono cambiati, ma rimane la sostanza di una politica che deve orientare e sostenere positivamente il settore agricolo, creando nel contempo le condizioni per una sua maggiore competitività. Questo mentre i soldi da spendere sono sempre meno, il che prelude a tagli che nessuno vuole accettare. Le imprese si stanno già preparando perché capire il peso della diminuzione dei sostegni finanziari al settore è esercizio non facile ma da fare.
I negoziati sono appena all’inizio (la trattativa si concluderà nel 2019 e la nuova Pac riguarderà il periodo 2021-2027) ma alcune cifre già circolano. La prima levata di scudi in casa nostra si è avuta all’ipotesi di taglio, per l’Italia, di circa 2,7 miliardi di euro rispetto all’attuale periodo di programmazione. Secondo i coltivatori diretti una scelta di questo tipo potrebbe provocare un inaccettabile impatto negativo sui redditi delle aziende impegnate a garantire i migliori standard di qualità, sanitari ed ambientali.
Più in generale, l’ipotesi avanzata dalla Commissione europea prevede un taglio del 5% circa dei fondi. Paolo Sckokai dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha provato a fare qualche previsione presentando una serie di ipotesi, rilanciate dall’agenzia specializzata Agro Notizie.
Mettendo insieme i diversi tipi di aiuto e di impresa oltre che le produzioni praticate, emerge, per esempio, che la vite da vino è fra le colture meno sostenute, mentre all’olivicoltura va circa il 25% del sostegno europeo. Il 24% del reddito dei cereali arriva dalla Pac, le altre colture estensive arrivano al 16% circa, per le imprese zootecniche si arriva attorno al 10-11%; gli aiuti alla produzione di latte e di frutta si fermano al 5% del reddito, ancora meno ricevono le coltivazioni orticole.
In considerazione di ciò, diversi saranno gli effetti che i futuri tagli alla Pac potrebbero provocare, in relazione alle dimensioni delle aziende, alla zona di produzione e al tipo di conduzione: i giovani dovrebbero comunque essere più aiutati.
Il mondo dell’agricoltura deve, quindi, prepararsi riorganizzandosi, rivedendo le filiere, rinsaldandole dove serve, accantonando alcuni campanilismi di sigla, guardando di più alla cooperazione e cercando più efficienza. Hanno però ragione i coltivatori diretti. Se tagliare occorre, tutto deve essere fatto tenendo conto della preziosità del settore e del suo ruolo che va ben al di là della produzione alimentare. Tagliare con giudizio, insomma.