
Un invito ad ascoltare cosa Dio dice al nostro cuore. A noi credenti tocca essere annunciatori dell’alba che si sta avvicinando, in dialogo con i vari passanti, nella notte di questo tempo. Passare da un linguaggio chiuso ad uno aperto
Decreto del Vescovo per la nomina del nuovo direttore
per il Centro Diocesano VocazioniCon decreto dell’8 settembre 2018 il Vescovo, mons. Giovanni Santucci, ha nominato per il prossimo triennio don Fabio Arduino quale Direttore del Centro Diocesano Vocazioni.
Per contatti è possibile scrivere all’indirizzo donfabio@vocazionims.it e per tenersi costantemente informati sulle attività del CDV sono consultabili il nuovo sito www.vocazionims.it e la pagina Facebook.
Ragionare sulla Pastorale per le vocazioni oggi richiede senz’altro un forte esercizio della speranza. Un esercizio importante nel tempo della gioia, ma ancora più fondamentale negli esili e nei tempi della delusione, in particolare nella nostra Europa e nella nostra Italia invecchiate, deluse, impaurite nel loro buio.
Questo esercizio della speranza è un’espressione imprescindibile della capacità di profezia. Essa infatti si innerva nella praticità della vita, denunciando prima di tutto chi rinuncia a vivere, incantato nel passato o ingannato dal futuro, e poi intende trasformare la realtà in una esperienza dello Spirito e non solo del “tirare a campare”. Se si appannano la profezia e la giovinezza, non rimane che nostalgia: l’invecchiamento diviene maledizione e la vita adulta bella e sognata non sopraggiunge mai.
La profezia della realtà pratica coniuga luce e buio, perché in verità la vita è fatta di luce e di buio intrecciati insieme, tanto da apparire la stessa cosa. A noi credenti, soprattutto in questo tempo, tocca essere annunciatori dell’alba che si sta avvicinando, in dialogo con i vari passanti, nella notte di questo tempo. Condividiamo la stessa notte di chi non crede e di chi è torturato dai dubbi del non senso, ma certi dell’alba, anche se non sappiamo di preciso quando verrà.
Rimaniamo sotto la luce luminosa e buia del presente, senza paura di sognare, per imparare a sognare anche di giorno. Sembra dunque importante coltivare un atteggiamento di base: passare da un linguaggio chiuso, privo di vere relazioni antropologiche, ad un linguaggio aperto, che intercetti la cultura contemporanea, giocato sulle caratteristiche del comprendere e del fare il necessario discernimento.
Grazie alle prodigiose meraviglie della tecnica a disposizione di tutti, nella nostra cultura siamo diventati tutti dei terminali ricettori di informazioni, ma in questo modo abbiamo perso il desiderio e il gusto di essere dei veri esploratori, prendendo le distanze sia da noi stessi che dagli altri, che da Dio; senza senso critico, poiché non ci affidiamo più ai nostri sensi, al nostro cuore e alle nostre competenze. Preferiamo ad una cultura dell’incontro il rimanere orfani sul piano relazionale.
Può essere prezioso, al riguardo, un libro del geografo ed esploratore Franco Michieli dal titolo emblematico: “La vocazione di perdersi . Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti”. In esso si fa un grande elogio dell’esperienza diretta del viaggio e dell’avventura, rinunciando alle bussole, ma solo affidandosi alle proprie doti, per non perdere di vista la ricchezza della vita, perché nella grammatica degli esploratori i momenti nei quali non si conosce il cammino sono i più interessanti; quando ci rapportiamo con l’ignoto questo si rivela; sono le strade che vengono incontro ai viaggiatori.
E questo ci insegna a non ridurci ad essere dei produttori di mappe per luoghi che non abbiamo mai visitato. Ora, questo essere degli esploratori, costituisce la condizione vincente per vivere e agire nel nostro tempo, nel quale c’è da assistere ad un parto di qualcosa di nuovo. Tempo in cui occorre rischiare sulla relazione e contemplare il mondo con gli occhi di Dio, dal punto di vista di Dio e ascoltare quello che Egli dice al nostro cuore. Diversamente noteremo solamente la grezza realtà, rimanendo senza speranza.
Don Fabio Arduino