
Non solo il parco archeologico di Filitosa: l’isola conserva centinaia di testimonianze scolpite nella pietra da misteriose popolazioni preistoriche. Un itinerario dalla piccola località montana non lontana da Bastia fino ai quattro siti del “plateau” di Cauria.

La Corsica dei menhir e delle statue stele non è solo Filitosa, anzi il parco archeologico a pochi chilometri da Ajaccio (si veda il n. 27 del 7 luglio) è solo la punta emergente di uno straordinario patrimonio disseminato in tutta l’isola, con testimonianze di grande suggestione concentrate nella parte meridionale.
Per chi entra in Corsica da Bastia per dirigersi poi verso sud, una tappa consigliata è il piccolo abitato di Pieve: qui tre statue stele dal profilo antropomorfo rivelano una stretta parentela con i manufatti della Lunigiana.
Ma la meta del viaggio tra i menhir della Corsica non può che essere Sartène (in corso Sartè, Sartena fino al 1858), comune dal vasto territorio con alte coste rocciose protese su ampi tratti di mare. Collocato sulle colline, a poco più di 300 metri di altitudine, l’antico centro storico offre un museo archeologico (http://www.corsedusud.fr/nos-competences/patrimoine-et-culture/musee-departemental-de-sartene/), tappa obbligata per conoscere meglio la storia più antica di questo comprensorio. Una quindicina di chilometri a valle si apre la piana di Cauria; questo “plateau” è praticamente deserto, attraversato da un’unica strada asfaltata ma con una fitta rete di sterrati.
Una distesa di prati e di macchia mediterranea dove costruzioni e presenze umane sono rare, ma che si offre come un vero e proprio El Dorado per studiosi e appassionati di queste testimonianze lasciate da una popolazione misteriosa che abitava la zona cinque millenni fa.
Nell’area di Cauria sono quattro i luoghi da non perdere (inseriti dall’Unesco nel Patrimonio dell’Umanità) ma che in alcuni casi vanno cercati con impegno visto che le indicazioni sono davvero scarse: Stantari, Renaggiu, Fontanaccia e Palaggiu.

A Stantari, all’interno di un campo recintato, è stato ricollocato in posizione eretta un buon numero di stele (almeno 25), alcune delle quali dalle caratteristiche antropomorfe.
Da qui, con due brevi percorsi, si raggiungono a piedi Fontanaccia e Renaggiu; nel primo caso ci si trova di fronte ad un dolmen di straordinaria fattura – sei grandi lastre in posizione verticale sostengono una pietra enorme, del peso di oltre tre tonnellate – che svetta di un paio di metri sul piano di campagna in una collocazione di struggente bellezza.
A Renaggiu, all’interno di una macchia di lecci, si fa l’incontro con un gran numero di menhir, conservati sia in posizione eretta che abbattuti.
Per arrivare a Palaggiu ci si deve invece spostare di otto chilometri, ma ne vale la pena: qui di menhir se ne contano 258 in un’area limitata; molti eretti e allineati, altri a terra ma ben visibili, altri ancora semicoperti dalla vegetazione. Alcuni sono scolpiti (ben visibili le spade), altri sono imponenti e alti fino a 3 metri.
Paolo Bissoli