Calo della natalità: un’emergenza demografica che metterà in crisi la finanza pubblica italiana

Culle vuote. L’allarme nel Rapporto 2018 della Corte dei conti. Ma il calo di nascite colpisce l’intera Europa

29calo_demograficoDopo le “bacchettate” dell’Istat, con il suo annuale richiamo al calo sempre più preoccupante della natalità nel nostro Paese, anche la Corte dei Conti, nel suo Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, ha rincarato la dose sulle conseguenze economiche derivanti dall’emergenza demografica. Nessun dubbio sul significato del seguente periodo: “Nei prossimi anni – afferma il Rapporto – il bilancio pubblico sarà fortemente condizionato dall’invecchiamento della popolazione e dalle modifiche della struttura demografica”. Un fatto che in sé non rappresenta una novità ma che ora minaccia di avere effetti acuti che stanno mettendo e metteranno sempre di più in difficoltà, per esempio, il sistema previdenziale, rendendo di fatto impossibile qualsiasi tipo di intervento di modifica della riforma Fornero.
Se si guarda un po’ avanti nel tempo tutto diventa più difficile. Le proiezioni presentate nel documento dicono che il rapporto spesa per pensioni/Pil aumenterebbe tra i 2 e i 2,5 punti percentuali intorno al 2040 e l’effetto sul rapporto debito pubblico/Pil risulterebbe di circa 30 punti nel 2070. Un peggioramento frutto di un avvitamento di conseguenze negative: cresce meno il Pil e ciò è dovuto al calo demografico e della produttività.
Chi volesse provare a migliorare le prospettive di sviluppo non può non tener conto che la riduzione della popolazione, da qui al 2070, è valutata attorno ai 6,5 milioni di abitanti. Non del tutto sconosciuti i rimedi suggeriti dal Rapporto per fronteggiare questa deriva: si parte da “azioni in grado di favorire un aumento del tasso di natalità” unite ad una gestione equilibrata dei flussi migratori e agli stimoli alla partecipazione al mercato del lavoro.
29calo_demografico1Tutto ciò, beninteso, preservando “i miglioramenti di fondo che il sistema previdenziale ha realizzato in questi decenni” senza “creare debito pensionistico aggiuntivo”. Un quadro, quindi, fosco, ma suscettibile di miglioramento, dato che, sempre secondo il Rapporto, “il triennio 2018-2020 presenta notevoli opportunità offerte dal contesto macroeconomico alla riduzione del debito”.
Non va, poi, tanto meglio, sul piano dell’andamento demografico, nemmeno agli altri Paesi dell’Unione europea. La popolazione cresce, ma i decessi superano le culle e alla fine è il saldo migratorio che evita un eccessivo invecchiamento dell’Ue. Questo perché lo stallo delle nascite è confermato a livello continentale con l’Italia fanalino di coda. I dati demografici relativi al 2017 dei 28 Paesi aderenti all’Unione presentati da Eurostat, l’istituto statistico della Commissione europea, mostrano una Europa divisa in due, con le nazioni del nord che presentano saldi positivi, spesso in crescita e i Paesi mediterranei tutti in rosso, con i morti (5,3 milioni) che superano i nati (5,1 milioni).
È quindi chiaro che la variazione naturale della popolazione Ue è negativa e il saldo positivo presentato dalla variazione demografica (1,1 milione di abitanti in più) è dovuto al saldo migratorio. Questo con buona pace di tutte le polemiche attorno alle migrazioni. In termini assoluti prima viene la Germania (82,9 milioni di abitanti), seguita da Francia (67,2), Regno Unito (66,2), Italia (60,5) e Spagna (46,7). Malta, tra i più piccoli assieme a Lussemburgo e Cipro (meno di un milione di abitanti) registra una “strana” crescita del 32,9 per mille abitanti. Calo di popolazione, anche a causa del fenomeno migratorio, per la maggior parte dei Paesi dell’Est; con essi l’Italia che però perde “solo” l’1,7 per mille.
Il vero dramma, però, è sul tasso di natalità: nel corso del 2017, in Europa, sono state registrate 90mila nascite in meno dell’anno precedente. Lo stato più fecondo è l’Irlanda, con un tasso di natalità in crescita del 12,9 per mille residenti, seguita a breve distanza da Svezia, Regno Unito, Francia, Danimarca, Lussemburgo. Profondo rosso per i Paesi dell’Europa meridionale: Italia (7,6 nascite per mille abitanti), Grecia, Portogallo, Spagna, Croazia. Questa volta la “cortina di ferro” non corre più tra est e ovest, ma tra nord e sud e anche qui tutto un mondo appare rivoltato.