Delle elezioni comunali restano ancora i ballottaggi, poi, forse si concluderà questa lunga ed estenuante, per il Paese, campagna elettorale. Domenica 10 giugno si è votato in 761 comuni (quasi un decimo della totalità) con un bacino di aventi diritto al voto di 6,7 milioni di elettori. In dettaglio si trattava di 109 comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, tra cui 20 capoluoghi di provincia e 652 comuni con un numero di abitanti inferiore a 15.000, chiamati ad eleggere il sindaco ed i consiglieri comunali.
Ancora una volta è stata alta la percentuale di coloro che si sono astenuti dal voto. L’affluenza è stata pari al 61,19%; nelle precedenti comunali era stata del 67,4% e nelle ultime politiche del 73,1%. I motivi dell’alta astensione sono vari, non ultimo il fatto che il M5S era assente in vari comuni e che un elettore grillino su due abbia scelto di stare a casa. Si trattava di amministrative e quindi di elezioni con dinamiche di scelta particolari, ma il test era importante e non ha lesinato novità.
La vincitrice indiscussa è stata la Lega di Matteo Salvini che, in base ai risultati ottenuti si aggirerebbe attorno al 25% con una bella impennata rispetto anche alle recenti elezioni politiche, quando già aveva ottenuto un abbondante e clamoroso 17 per cento. Trainato da Salvini, il centrodestra è così risultato vincitore. Ha eletto al primo turno 4 sindaci in città capoluogo e si presenta primo al ballottaggio in 9 comuni su 13. Va sottolineato che Fratelli d’Italia mantiene grosso modo le sue posizioni, mentre Forza Italia esce ulteriormente ridimensionata, anche se tiene al Sud, assorbita in parte dalla Lega.
In questo contesto il Pd ha tirato un sospiro di sollievo. Ha eletto al primo turno due sindaci di città capoluogo, è in vantaggio in 4 comuni su 8. Il sospiro di sollievo che fa esclamare a Gentiloni che “la notizia della morte del Pd era fortemente esagerata” sta nel fatto che il partito ha perso vari comuni, ma ha avuto un risultato che oggi, secondo le analisi dell’Istituto Cattaneo, lo porterebbe ad una percentuale attorno al 22%, rispetto al 18 e rotti del 4 marzo.
Netta frenata per i grillini, ben lontani dalla percentuale del 32% di pochi mesi fa. Questa volta, nelle città in cui si sono presentati, si piazzano all’11%. Il risultato più bruciante è quello dei due municipi di Roma, dove la Raggi ha subito l’umiliazione della più alta astensione (ha votato solo il 27% degli oltre 300.000 abitanti) e dove la sconfitta è stata pesante: non sono andati neppure al ballottaggio.
Le cause sono probabilmente varie e vanno dalla mancanza di presenza sul territorio con personaggi identificati e capaci, mentre la Lega vi è profondamente radicata, alla difficoltà di passare dalla denuncia al governo delle cose, al dazio pagato, una sorte che li accomuna a FI, allo strapotere di visibilità di Salvini. Quest’ultimo, finché dura, ha il potere di essere il trascinatore del centrodestra e del governo nello stesso tempo: è un dato di fatto che in questo momento il governo sia a trazione leghista.
D’altra parte i temi che egli agita sono i soliti e la prova di forza nei confronti dei migranti (non è stato corretto dichiarare la chiusura dei porti a urne aperte!). ma sono anche quelli a costo zero e quindi facilmente applicabili, a differenza degli provvedimenti annunciati dai grillini che, invece, appaiono difficilmente realizzabili.
Giovanni Barbieri