Beato il popolo scelto dal Signore. La festa della Santissima Trinità

Domenica 27 maggio, Santissima Trinità
(Dt 4,32-34.39-40;  Rm 8,14-17;  Mt 28,16-20)

21vangeloIl tempo ordinario, dopo la conclusione del periodo pasquale, riprende con la festa della Santissima Trinità, un’idea non biblica, elaborata nei primi secoli della Chiesa. La Trinità di Dio è presente in ogni liturgia. Solo di recente si è sentito il bisogno di istituire una festa dedicata ad essa. Non era presente nell’antichità cristiana e, tuttora, non è contemplata dalla tradizione orientale.
È un’occasione ulteriore di lode e di ringraziamento, per la comunione d’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Non è una formula cristallizzata: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo indicano un amore plurale, comunitario, che tentiamo di esprimere con le nostre povere parole, incapaci di dire in pienezza il nostro Dio. Un mistero è qualcosa di incomprensibile, di cui non si riesce a rivelare completamente il significato. La Trinità è così. Dio è il Padre creatore, il Figlio è il Dio Redentore e lo Spirito Santo è il Dio Amore.
In Dio c’è l’umanità del Figlio morto come uomo, risuscitato nella forza dello Spirito Santo. Non si può parlare di Dio senza parlare dell’uomo e, soprattutto, non si può più andare a Dio se non attraverso suo Figlio, uomo, nato da Maria, vissuto tra di noi, morto e risorto nella nostra storia. Maria di Magdala e l’altra Maria, dopo aver trovato la tomba vuota, avevano visto Gesù, che aveva loro comandato: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”.
Il gruppo dei dodici, ridotti a undici perché Giuda se n’è andato, ubbidisce, e torna sulle strade della Galilea, la terra periferica, spuria, abitata da ebrei e non ebrei, dove tutto aveva avuto inizio. Il mandato è chiaro: devono andare tra gli uomini e le donne di tutto il mondo.
In Galilea lo vedono per l’ultima volta. “I discepoli andarono sul monte che Gesù aveva loro indicato, e quando lo videro si prostrarono ma anche dubitarono, Gesù si avvicinò e disse loro: A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra, andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”.
Devono dare vita a una nuova comunità, non più tribale, né geografica, ma che trovi in Gesù il proprio legame, il fondamento del suo credere, sperare e amare. È un piccolo gregge, ma ha compreso che non deve rimanere chiuso in un recinto, perciò non è pauroso, né autoreferenziale, ed è disposto a stare in mezzo agli altri, fossero anche lupi.
Quegli undici non sono uomini straordinari: di qualcuno si ricorda qualche fatto della vita, di altri sappiamo appena il nome. Qualcuno perfino dubitava di ciò che stava accadendo. Ma ci hanno tramandato che Gesù è Il Signore, ed è nei cieli, ma anche qui, vicino a ciascuno, presente nelle nostre anime, e ci accompagna lungo il percorso della vita, pronto a sostenerci, a perdonarci, a illuminarci.
Noi oggi cerchiamo di comprendere ciò che ci dice nel Vangelo, ma, più cresciamo nella Sua conoscenza, più scopriamo nuove cose da comprendere. Il mistero della Trinità è una di queste. Quando parliamo di Dio agli altri, dovremmo prima di tutto mettere in evidenza che tentiamo di ricambiare il suo amore, testimoniandolo con la nostra vita quotidiana. In questo modo riusciremo a comunicare e trasmettere la fede, con l’aiuto necessario dello Spirito.
In questo modo potremo annunciare quel poco che abbiamo compreso. La Trinità è la famiglia di Dio.

Pierantonio e Davide Furfori