
I fenomeni dei giorni scorsi non sono un’anomalia, anzi: sono molti gli anni, anche recenti

Freddo e neve: siamo stati spettatori di un evento che ha voluto dare ragione ai proverbi e al principio della compensazione anziché a quello della persistenza. Febbraio ha messo da parte i tenui segnali di primavera espressi da gennaio e, conseguenza dello stratwarming o no, per i profani è semplicemente arrivato il freddo più intenso di tutta la stagione, quello che sarebbe stato più opportuno si verificasse a gennaio.
Tenendo conto del periodo, temperature e fenomeni hanno mostrato anomalie con punte di eccezionalità. Buona parte d’Europa si è ritrovata alle prese con i venti gelidi provenienti dall’est del continente, le nevicate, le gelate, proprio quando, specie nelle plaghe più miti, era atteso un segnale opposto. Cronache e numeri del passato attestano un bel po’ di precedenti.
Anzi, restringendo la finestra temporale al solo avvio di marzo, è possibile elencare vicende di pari o maggiore portata a seconda delle zone e dei fattori climatici considerati. Ciò che ha conferito un pizzico di singolarità all’episodio 2018 risiede nell’essersi verificato a cavallo di febbraio e marzo, non quindi un colpo di coda d’inverno marzolino dopo un febbraio mite.
Vi è qualche somiglianza, solo parziale, tra il 2018 e il 2005, o anche il 1979, mentre nel 1958 fu centrato più avanti, intorno al 10 marzo. Nel 1875, 1895, 1901, 1909, 1932 e 1963, inverni lunghi e rigidi, il gran freddo si era sentito anche prima, ma i casi del 1875 e del 1932 condividono con l’attuale il gennaio mite.
Dati e scritti alla mano, risulta agevole tornare alla storica nevicata del 3 marzo 2005, occorsa al termine di un lungo periodo rigido avviatosi a fine gennaio. Le coltri bianche, dopo aver ricoperto Marche a Abruzzo in gennaio, nel febbraio di tredici anni fa interessarono gradualmente varie regioni italiane e anche in Lunigiana fioccò ripetutamente. Dopo giorni glaciali, prima dell’alba del 3 marzo, la neve cominciò a danzare nell’aria e, infittendosi via via lungo la giornata, in tredici ore e mezza (il fenomeno cessò alle 17,30), si alzò a Pontremoli un manto di ben 52 cm, di 41 a Villafranca e di 25/30 nella zona di Aulla.
Nonostante la primavera incipiente, impiegò dieci giorni a fondere stante il gran freddo di quella che fu una delle prime metà di marzo più rigide mai vissute.
Rivedere le molte foto scattate sia il giorno stesso che il successivo, con Pontremoli piena di neve indorata dal sole, è un immergersi nell’atmosfera magica, ovattata e unica di quel nevone marzolino. Nel 1987, altro anno e altra storia, il gelo intenso di marzo fu asciutto per le nostre zone, mentre la neve sommerse la Puglia e, il 16, ammantò Firenze.
Un passo indietro più lungo porta al 1° marzo 1979. L’inverno fu lungo e rigido, ma una parentesi mite e piovosa interessò la fine di gennaio e parte di febbraio; poi la stagione incrudì nuovamente e, il 28, riecco la neve, più nella media e bassa Lunigiana che nell’alta (15 cm ad Aulla, 5 a Pontremoli). Il 1° marzo, invece, mentre da Filattiera in giù pioveva, su Pontremoli una copiosa nevicata ricoprì tutto di 40 cm e non sparì prima di una settimana.
Pure tre anni prima, nel 1976, marzo marzeggiò a suon di fioccate: lo choc fu sensibile perché gli ultimi giorni di febbraio erano stati splendidi e caldi, con punte massime di 20°C! Tra il 6 e il 10 marzo, voltafaccia inaudito, il crollo termico fu enorme e nevicò tre volte, specie il giorno 8. Al 1971, invece, risale uno dei più acuti episodi di freddo di stampo pienamente invernale avvenuti in marzo. Al Nord, le nevicate non vantarono accumuli degni di nota e fu il gelo a toccare primati, alcuni dei quali ancora imbattuti. Al Plateau Rosa, la colonnina di mercurio scese fino a -34,6°C. Roma si imbiancò più volte fra il 4 e il 7 marzo. Negli anni ’60, senza scendere in dettaglio, si ebbe un inizio di marzo freddo e nevoso nel 1965 e mesi di marzo quasi interamente molto freddi nel 1963 e nel 1962.
Lo spazio obbliga a fermarsi a 60 anni fa, marzo 1958. Il 9, con una replica l’11, la neve ammantò tutta la Lunigiana fino al più basso fondovalle con spessori di 20/30 cm e molto più cospicui (70 cm) oltre i 500 m di quota.
Maurizio Ratti