Quasi mezzo secolo è scorso da che, nel 1966, il compianto arciprete del Duomo di Massa, mons. Ugo Berti, chiese al giovane Mariano Lallai, allora studente universitario, di trascrivere le epigrafi su pietra o marmo, custodite nella Basilica Cattedrale. Quella richiesta, accolta con entusiasmo, si tramutò, in poco tempo, in una meticolosa raccolta manoscritta che poi, per mezzo secolo, è rimasta chiusa e conservata accuratamente nel cassetto dei “desiderata”, presso l’abitazione dello stesso autore.
Ora, dopo gli opportuni aggiornamenti e allargandosi a comprendere tutte le incisioni riconducibili alla chiesa principale della città di Massa, è finalmente diventata una monumentale opera di ben 385 pagine, dal titolo “Corpus delle Epigrafi della Cattedrale di Massa”.
Stampata dalla Curia Vescovile e dalla Deputazione di Storia Patria delle Antiche Province Modenesi, il poderoso testo raccoglie, oltre alle iscrizioni in pietra o comunque “fisse”, facenti parte dell’originario manoscritto, anche quelle incise su mobili, calici, croci portatili, vassoi, patene e altre suppellettili sacre. In totale sono state minuziosamente catalogate 357 epigrafi esistenti o non più esistenti ma delle quali è stato tramandato il testo e 45 di cui non possediamo il testo ma che sono testimoniate o comunque ipotizzate come molto probabili.
Di ciascuna, l’autore, ha citato, quando esistenti, le pubblicazioni precedenti, eventuali traduzioni e una bibliografia spesso relativa più che all’epigrafe in sé, al supporto che la contiene, nonché fonti bibliche e letterarie e un’ampia documentazione storica. Oltre la metà delle epigrafi si trovano là dove sono state collocate “ab origine”, tra queste spiccano quelle del sepolcreto Malaspina, nella cripta della Cattedrale; altre provengono invece dalla Collegiata di San Pietro, l’antica chiesa sita in piazza Aranci e fatta abbattere nel 1807 da Elisa Baciocchi.
La maggior parte è scritta in lingua latina e in italiano, ma non mancano esempi in greco, francese, inglese, tedesco, e una in ebraico: era la lapide tombale del XVII secolo, proveniente da un piccolo cimitero ebraico che si trovava poco sopra la località di Capaccola. Un lavoro davvero analitico e rigoroso, rafforzato da indici, mappe e tavole, a disposizione tanto del ricercatore più esigente quanto del semplice lettore.
Il professor Lallai, già docente di Latino e Greco nei licei di Aulla e Carrara, con questa sua ultima fatica, frutto di perizia non comune, aggiunge un ulteriore tassello alla storiografia locale, colmando una evidente lacuna. Del resto l’autore è noto, anche ai non addetti ai lavori, per avere esplorato ambiti di storia ecclesiastica locale che fino a quel momento non erano stati né approfonditi a sufficienza né, in molti casi, indagati con un’ermeneutica moderna.
A lui, in collaborazione con mons. Giacomo Franchi, si deve la monumentale opera “Da Luni alla diocesi di Massa Carrara – Pontremoli” in cui vengono racchiusi oltre millecinquecento anni di storia che hanno visto la nascita, o la soppressione, lo smembramento o la fusione di parrocchie, pievanie, vicariati, fino alla condizione attuale.
Bene quindi ha scritto il Vescovo Giovanni Santucci nella prefazione definendo lo studio sulle epigrafi “uno strumento a disposizione di ogni studioso che voglia soffermarsi, in modo più o meno approfondito, a cogliere l’evoluzione, le devozioni, i voti, la storia dei vescovi, del clero, delle famiglie, le relazioni commerciali, le committenze, le maestranze di una Chiesa viva con le sue bellezze, le sue fatiche, le sue speranze”.
Il libro è stato ufficialmente presentato dal prof. Giuseppe Benelli domenica 26 novembre, a Massa nella sede della Deputazione di storia Patria per le antiche province modenesi.
Renato Bruschi