
Bagnone. Il ruolo del cappellani militari “soldati di Dio”, le immagini religiose, la superstizione
Nel tardo pomeriggio di sabato 20 maggio, presso il Museo Archivio della Memoria di Bagnone, si è tenuto un interessante incontro sul tema “La fede nella Prima Guerra Mondiale”. Il saggio consigliere delegato alla cultura Matteo Marginesi ha introdotto le relatrici Monica Armanetti (archivista, bibliotecaria) e Rina Gambini (storica, critica letteraria, Presidente del Centro Culturale “Il Porticciolo” di La Spezia) ricordando che l’incontro rientrava negli eventi promossi dall’amministrazione comunale in occasione del centenario della prima guerra mondiale. Presenti in sala, tra gli altri, lo scrittore Luigi Leonardi e, nonostante la giornata piovosa, persone provenienti da Levanto.
Con grande passione la dottoressa Monica Armanetti ha illustrato ai presenti le ricerche effettuate nel 2015 con i ragazzi della scuola media locale partendo dalle fonti dell’Archivio Storico del Comune di Bagnone, lavorando sui fascicoli dei caduti, sui documenti utili ad ottenere o meno la pensione di guerra. Ha messo in luce come per incuriosire i ragazzi sia partita da libri ricchi di fotografie, in grado di rappresentare a colpo d’occhio gli strumenti utilizzati (le maschere antigas, i carri armati, i primi aerei mitragliatori, i sommergibili…) La professoressa Rina Gambini ha intrattenuto l’uditorio con grande maestrìa dimostrandosi ottima conoscitrice del tema trattato. Ha espresso la volontà di esporre “i volti umani della guerra”, perché “negli eserciti c’era una storia spirituale”. Ha voluto mettere in evidenza il “pathos” della guerra perché “è compito dello storico anche occuparsi dei fatti umani”.
La Gambini ha fatto un excursus sulla presenza dei cattolici in Italia a partire dal 1848 fino allo scoppio di una guerra che “fu logorante, con la presenza della morte costante”. Fu così che scese in campo la “fede”. I governanti, che ben conoscevano il potere della religione, ripristinarono i “cappellani militari”, definiti anche “soldati di Dio”. Avevano il compito di amministrare i sacramenti, di contrastare la stampa pornografica e la bestemmia, di scrivere le lettere dei soldati alle famiglie, di celebrare le messe, presenziare ai funerali dei caduti, curare i cimiteri di guerra e assistere i condannati a morte. Tra i più noti ricordiamo: don Primo Mazzolari, don Giovanni Minzoni, p. Giulio Bevilacqua, p. Agostino Gemelli e Angelo Giuseppe Roncalli (futuro Papa Giovanni XXIII).
Per ultimo la Gambini ha passato in rassegna gli strumenti di fede offerti ai soldati: immagini religiose e medaglie di santi (a consolazione della truppa), “scapolari” (da mettere sul cuore e sulla schiena con funzione salvifica), santini, “cartoline sacre” (il centro italiano principale di diffusione fu il Collegio delle Missioni di Sarzana) e “luttini”. Per i soldati la religione fu vissuta come presenza consolatrice più che come fede o talvolta semplicemente come superstizione. La “fede” si conservava più nelle donne che attendevano il ritorno a casa dei loro cari.
Marco Angella