Domenica 2 aprile, quinta di Quaresima
(Ez 37,12-14; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45)
Siamo al termine del percorso quaresimale, la prossima sarà infatti la Domenica delle palme.
Oggi ci viene proposto il tema fondamentale della risurrezione.
È evidente che la risurrezione di Lazzaro non ha le stesse caratteristiche di quella di Gesù. Lazzaro, rianimato, è di nuovo sotto lo scacco della morte. Gesù, risorto, vive, perché già viveva mentre era ancora tra noi uomini, la vita dell’Eterno. Le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, fanno sapere a Gesù che il suo amico è gravemente ammalato. Questa famiglia, ove esistono soltanto fratelli e sorelle, rappresenta benissimo la comunità cristiana.
Gesù è lontano ed attende ancora due giorni prima di partire. Non è per prudenza, in quanto ricercato dalle autorità religiose, ma per aiutate i discepoli a credere che si attarda prima di partire. Mentre leggiamo questa pagina ci accorgiamo che sia Marta, sia Maria, ma anche coloro che erano giunti per consolarle, ritenevano che Gesù avrebbe potuto guarire una persona ammalata ma che non sarebbe stato in grado di sottrarla alla morte. Giunto Gesù nei pressi di Betania trova Lazzaro già morto da quattro giorni. Il quarto era allora il giorno in cui la morte era ritenuta definitiva.
Marta, informata dell’arrivo di Gesù esce e gli va incontro. Si rammarica del fatto che non fosse stato presente il Maestro quando Lazzaro era ancora in vita ma, pur nel dolore, rinnova la sua fede per una risurrezione che si sarebbe realizzata alla fine dei tempi.
Gesù le insegna qualcosa di profondamente diverso. Dice a Marta di essere Lui la resurrezione e di essere la vita nel senso più esteso: sia nello spazio che nel tempo. Credere in Lui, affidarci a Lui significa avere la vita dell’Eterno anche quando la morte biologica, come fa con tutti, farà la sua comparsa.
Anche Maria viene chiamata fuori da quella casa di Betania ove si vive la disperazione. È vero che per la perdita dell’amico e nel vedere la sofferenza di Marta, Maria e la afflizione di molti altri Gesù piange; il suo non è un pianto angosciato ma una sofferenza con discesa di lacrime dagli occhi. Chiede di conoscere dove abbiano messo il cadavere di Lazzaro ed invita a togliere la pietra che chiude il sepolcro.
Tra due settimane, quando saremo partecipi della resurrezione, vedremo un’altra pietra tombale spostata. Quella sarà aperta dall’alto, in maniera definitiva.
Per questa pietra c’è l’invito di Gesù ad aprirla perché in Lui si vive sempre. La pietra di separazione non ha più senso. Bellissima la preghiera di ringraziamento di Gesù che tiene conto sia del suo rapporto con il Padre ma coinvolge anche coloro che sono con Lui e li aiuta a credere. Sibillina invece la frase usata per invitare i presenti a togliere le bende al richiamato in vita: “liberatelo e lasciatelo andare.” Con questa frase sembra proprio che il brano sia una lezione su come debba comportarsi la comunità cristiana dinanzi alla morte.
Pier Angelo Sordi