
Le considerazioni di fine anno di Mattarella e Gentiloni. Finchè c’è la maggioranza in Parlamento si va avanti. La legge elettorale è cosa del Parlamento: “un contributo per facilitare la discussione tra i partiti”, anche perché “la maggioranza non ha una posizione unitaria”

Il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la conferenza stampa del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, pur affrontando i problemi del Paese da diverse angolazioni, hanno espresso diversi punti di vicinanza. I due personaggi usano modi e stili pacati, non scadono nel populismo o nella battuta per far presa, ma esprimono concetti chiari, comprensibili e decisi. Entrambi hanno toccato i temi caldi del momento: la lotta alla povertà, il lavoro, i giovani.
Mattarella ha inserito il suo discorso nel panorama di una Italia “comunità di vita”, che ha avuto i suoi momenti bui e le sue capacità di risposta di fronte alle emergenze, anche drammatiche, dichiarando solidarietà soprattutto alle vittime di terrorismo e del terremoto. Ha poi voluto fare alcune precisazioni sulla scelta di dar vita a un nuovo governo, dopo le dimissioni di Renzi, invece di sciogliere subito il Parlamento e andare immediatamente alle urne. “Non c’è dubbio, ha detto, che in alcuni particolari momenti la parola agli elettori costituisca la strada maestra… Occorre che vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi applicazione nel Parlamento… Queste regole oggi non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale… Con regole contrastanti tra loro, chiamare subito gli elettori al voto sarebbe stato poco rispettoso nei loro confronti e contrario all’interesse del Paese. Con alto rischio di ingovernabilità”. Ha richiamato i doveri e le responsabilità della politica perché si decida a fare leggi elettorali omogenee, rilanciando così la palla al Parlamento dove per’altro regna, e non solo riguardo alla legge elettorale, una grande confusione. Il problema numero uno del Paese restano, però, il lavoro e tante altre “fratture da ricomporre”, come il divario Nord-Sud: “Nonostante l’aumento degli occupati, sono ancora troppe le persone a cui il lavoro manca da tempo. Non potremo sentirci appagati finchè il lavoro, con la sua giusta retribuzione, non consentirà a tutti di sentirsi pienamente cittadini”.

Lavoro, Sud e giovani sono, ha confermato Gentiloni nella conferenza stampa di fine anno, le priorità del Paese. Il suo governo è nato con pochissime varianti rispetto a quello precedente presieduto da Renzi; era inevitabile che le linee guida non dovessero discostarsi di molto dal progetto riformista già in campo. Con alcune correzioni su alcuni provvedimenti, come i famosi voucher. Sui tagli fiscali non fa promesse: “dobbiamo verificare le condizioni e non possiamo dire cose che rischiamo di non poter mantenere”. Tutti possiamo constatare che la coperta è corta e che le emergenze bancarie hanno ulteriormente ristretto le risorse. C’è anche molta attenzione alla lotta alla povertà, collegata, come è logico, all’emergenza lavoro. Nell’ultimo anno il Parlamento ha lavorato a un disegno di legge sul Reddito di inclusione (Rei) e ha preparato il terreno per un Piano nazionale contro la povertà. Il reddito di inclusione è un assegno mensile necessario a compensare la differenza tra il reddito che si percepisce e la soglia di povertà unito a una serie di servizi sociali, sanitari o educativi e a strumenti per essere attivi sul mercato del lavoro. È il presupposto per una più ampia lotta alla povertà. Le risorse sono già stanziate e si spera che l’instabilità politica o la ricerca affannosa di nuovi assetti da parte dei partiti, in vista delle nuove battaglie politiche che si prospettano, non rendano vano il lavoro giunto quasi al traguardo. Gentiloni, inoltre, rivendica i passi in avanti sull’occupazione – “700.000 posti di lavoro in più” – ma sa che “nella fascia sotto i 40 anni il lavoro da fare è enorme”. Ridare fiducia all’economia non è facile. Non potevano mancare le domande sulla durata del governo e sulle elezioni. Sulla legge elettorale è stato deciso nell’escludere una proposta da parte del governo. È cosa del Parlamento: “Cercheremo di dare un contributo per facilitare la discussione tra i partiti”, anche perché “la maggioranza non ha una posizione unitaria”. Né Mattarella né Gentiloni hanno dato scadenze al Governo: finchè c’è la maggioranza in Parlamento si va avanti. Ha poi aggiunto che le elezioni non sono una minaccia.
Giovanni Barbieri