Etiopia: tanto sangue per cinque  anni d’impero italiano

La guerra coloniale d’Africa (1935-1936)
Ottanta anni fa il fascismo esaltava la conquista

Stele di Axum
Etiopia, l’area del campo delle steli di Axum nel 1936: il grande obelisco venne trasportato in Italia e innalzato a Roma l’anno dopo.

“La grande proletaria s’è mossa” aveva scritto il Pascoli per la guerra di Libia, ma non nel senso militarista e nazionalistico in cui il fascismo intese l’Italia. Fu dal 1930 che le aspirazioni imperialiste del fascismo si espressero con la guerra d’Etiopia. C’era da vendicare la sconfitta di Adua del 1896, trovare un’occasione di mobilitazione popolare che mettesse in secondo piano i gravi problemi economici e sociali: la conquista di “un posto al sole” sulle colline etiopiche fece intravedere il miraggio di nuovi posti di lavoro e di nuove possibilità di ricchezza. La propaganda accese le rumorose manifestazioni di piazza, le spose italiane “donarono alla patria” l’anello nuziale. Il 3 ottobre 1935, senza dichiarare guerra, l’Italia invase l’Etiopia, l’impresa, che richiamava con enfasi le conquiste dell’antica Roma in Africa, fu, come in Libia, molto più difficile del previsto. Gli etiopi guidati dal loro negus Hailé Selassié resistettero per oltre sette mesi, ma non poterono farcela contro la spedizione italiana costituita di circa 400mila soldati con molti carri armati, aerei che in più occasioni bombardarono con gas asfissianti. Le armi chimiche, già usate nella I guerra mondiale da entrambe le parti, furono autorizzate da Mussolini al generale di stato maggiore Graziani e al maresciallo Badoglio che entrò ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. La vittoria accese forte entusiasmo popolare, solleticava velleità di potenza, di ritorno “sui colli fatali di Roma”. Alle masse contadine il fascismo promise pane e terra a tutti e ottenne il massimo del consenso. Nella strana diarchia istituzionale di un duce-dittatore capo del governo e un re di fatto esautorato, Mussolini offrì a Vittorio Emanuele III la corona di imperatore d’Etiopia. La guerra d’Africa contro uno Stato indipendente facente parte della Società delle Nazioni, quale era l’Etiopia, sollevò l’opinione pubblica dei paesi liberali, soprattutto la Francia e la Gran Bretagna, che condannarono l’aggressione, pur essendo loro le potenze coloniali che si erano spartita quasi tutta l’Africa e molte terre asiatiche, adottarono le sanzioni economiche contro l’Italia. Queste, come succede anche per quelle in corso attualmente, furono molto poco efficaci perché non erano estese alle materie prime e non impegnarono Stati Uniti e Germania nazista fuori dalla Società delle Nazioni. Ottanta anni fa, dopo la proclamazione, il 9 maggio 1936, dell’Impero dell’Africa Orientale Italiana (AOI), le celebrazioni esaltanti della vittoria etiopica non si contavano tanto erano numerose. Il fascismo, come è costume della dittature per un’impresa vincente, elargì qualche grazia ai carcerati e ai confinati politici (Carlo Levi e Cesare Pavese tornarono a Torino). Fu costituita Cinecittà per celebrare anche col cinema i fasti del fascismo, un “colossal” fu il film “Scipione l’Africano” ben adatto alla circostanza. La stele di Axum, città santa del cristianesimo etiopico, fu portata in Italia come trofeo di guerra, messa davanti al Ministero delle colonie; verrà restituita nel 2008. Il governo italiano nell’AOI non fu di “brava gente”: nel 1937 dopo un fallito attentato contro Graziani vicerè d’Etiopia, furono fucilati 700 etiopici e ci fu un duro pogrom ad Addis Abeba contro i civili. Le vittime della rappresaglia italiana contro gli oppositori autoctoni furono, secondo le stime della stampa estera, intorno alle seimila unità. Terribile la strage al convento di Debrà Libanos con 2.523 fucilati, incendiati 115.422 tucul, 3 chiese e un convento per rappresaglia contro un presunto complotto con partecipazione inglese e della comunità copta. Nessun italiano fu punito e su questo e altri massacri calò il silenzio di una memoria volutamente corta. Tanta strage per un dominio che finì 5 anni dopo, quando l’esercito britannico e la resistenza etiopica liberarono il corno d’Africa. Il 19 maggio 1941 uno degli ultimi pres1di italiani col vicerè d’Etiopia Amedeo d’Aosta si arrese ai piedi dell’Amba Alagi.

Maria Luisa Simoncelli