
“La fame non è una malattia incurabile”; “mi pongo, e vi pongo, questa domanda: è troppo pensare di introdurre nel linguaggio della cooperazione internazionale la categoria dell’amore, declinata come gratuità, solidarietà, cultura del dono, fraternità, misericordia?”. È uno dei passi del discorso che Papa Francesco ha tenuto nella sede della Fao introducendo, a Roma, la celebrazione della Giornata Mondiale dell’alimentazione dedicata al tema: “Cambiare il futuro della migrazione. Investire nella sicurezza alimentare e nello sviluppo rurale”.
Il Papa ha poi continuato: “Come fermare persone disposte a rischiare tutto, perché mancano del pane quotidiano, o sono vittime di violenza o mutamenti climatici? Si dirigono dove vedono una luce o percepiscono una speranza di vita. Non potranno essere fermate da barriere fisiche, economiche, legislative, ideologiche: solo una coerente applicazione del principio di umanità potrà farlo”.
I numeri del fenomeno migratorio sono stati presentati dal direttore generale della Fao, Josè Graziano Da Silva. In tutto il mondo ci sono 240 milioni di migranti, il 40% in più rispetto al 2000. Coloro che soffrono la fame sono aumentati di 38 milioni, raggiungendo la ragguardevole cifra di 815 milioni.
Quando parla, Papa Francesco ha davanti questo scenario di fame e di miseria e dietro ad ogni singolo numero c’è il volto sofferente di chi non sa se arriverà alla fine della giornata. Per questo bisogna “trovare nuove vie per permettere ad ogni persona di affrontare il futuro con fiducia e non soltanto con illusioni (come sta purtroppo accadendo nelle migrazioni verso i Paesi ricchi), garantendo l’alimentazione a tutti gli esseri umani senza obbligarli a migrare”. In questo contesto egli sostiene il Patto mondiale per una migrazione sicura, regolare e ordinata come è nell’intenzione delle Nazioni Unite.
Ma non basta. C’è la necessità di una maggiore responsabilità a tutti i livelli “per garantire la produzione necessaria o l’equa distribuzione dei frutti della terra”, cosa che dovrebbe essere scontata, ma bisogna anche operare perché sia tutelato il diritto di ogni essere umano a nutrirsi a misura dei propri bisogni. La gestione della mobilità umana richiede un’azione intergovernativa coordinata e sistematica “condotta secondo le norme internazionali esistenti e permeata di amore e intelligenza”.
In questi tempi mancano sia l’amore che l’intelligenza. Comunque la semplice gestione del presente migratorio non basta: bisogna impegnarsi a livello mondiale per combattere il male che sta alle radici del fenomeno. Forse oggi si comincia a capire poiché il problema che fino a ieri era lontano oggi è alle porte del nostro mondo e ci rende perlomeno inquieti. Si dà la colpa alle guerre e ai cambiamenti climatici: Paesi segnati da fragilissime strutture e limitate capacità alimentari subiscono maggiormente quei fenomeni, spesso causati da grosse responsabilità del mondo occidentale.
Il Papa non accusa direttamente, ma ricorda che “guerre e cambiamenti climatici determinano la fame”, per cui bisogna “evitare di presentare la fame come malattia incurabile”. “Serve un impegno totale a favore del disarmo e rimediare alla funesta piaga del traffico d’armi”. La stessa cosa vale per i mutamenti climatici i cui effetti nefasti “ricadono sui più poveri e indifesi”.
Naturalmente non è molto apprezzato il ritiro di alcuni Paesi dagli accordi di Parigi. Il tutto è visto da Papa Francesco nel quadro della categoria dell’amore: “Non possiamo operare solo se lo fanno gli altri, né limitarci ad avere pietà, perché la pietà si ferma agli aiuti di emergenza, mentre l’amore ispira la giustizia, essenziale per realizzare un giusto ordine sociale tra realtà diverse che vogliono correre il rischio dell’incontro reciproco”.
Giovanni Barbieri