Ultimi e primi. Il Signore è vicino a chi lo invoca

Domenica 24 settembre, XXV del tempo ordinario
(Is 55,6-9; Fil 1,20-24.27; Mt 20,1-16)

35vangeloGesù ha incontrato un giovane ricco e ha detto ai discepoli che “Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi”. È un passo molto famoso del Vangelo, spesso usato fuori contesto, e molto spesso frainteso.
Preso alla lettera sembra indicare un qualche stravolgimento sociale, un violento ribaltamento di ruoli. Devono aver avuto questa impressione anche i discepoli, e Gesù deve essersene accorto, perché subito dopo racconta loro una parabola come spiegazione: all’alba, il padrone di una vigna va nel paese a prendere lavoratori a giornata.
Si accorda sulla paga di un denaro e li manda alla vigna. Verso mezzogiorno va di nuovo in paese e recluta altri lavoratori, per la stessa paga. Lo stesso alle tre e lo stesso alle cinque, quando ancora in piazza ci sono lavoratori che nessuno ha preso a giornata. Venuta la sera, il padrone chiama i lavoratori, a partire dagli ultimi, e a tutti dà un denaro. I primi lavoratori, quelli che sono nella vigna dall’alba sono risentiti: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
È un atteggiamento comprensibile, ma sbagliato sin nei fondamenti, prima di tutto perché loro stessi si sono accordati su quella paga, la loro non è pretesa di un giusto compenso, la loro è invidia. Vogliono vedere chi ha lavorato meno di loro essere pagato meno. Sono gli uomini che non vogliono un Dio generoso, che non accettano che gli ultimi convertiti siano trattati come loro pari. E nel farlo, tradiscono la propria inadeguatezza di figli.
Se a un lavoratore non piace il lavoro che fa, non può farlo solo per la paga, perché il lavoro verrebbe male. Allo stesso modo, non si può essere fedeli a Dio solo in vista di una ricompensa e della gratificazione di sentirsi superiore a chi fedele lo è diventato dopo. Gli operai della prima ora dimenticano che la loro chiamata non è un diritto. È una grazia che proviene dalla grande misericordia del Signore, che ha risparmiato loro la sofferenza di restare tutta la giornata sulla piazza ad aspettare. Siamo invitati a comprendere questa verità. Con questa parabola, Gesù spiega ai discepoli, e a noi, che Dio non fa distinzioni di grado. C’è solo chi accetta la salvezza e chi no, a prescindere dal quando la si accetta. La ricompensa del Regno è uguale per tutti, e per tutti infinita. Ed è in questo senso, che “gli ultimi sono i primi, e i primi ultimi”. Non è mai troppo tardi per lavorare nella casa del Signore. Si può accedere alla sua vigna a qualsiasi ora, basta essere animati da zelo e da buona volontà. Chiunque si impegna nella costruzione del Regno, anche se per un tempo molto breve, entrerà a farne parte.

Pierantonio e Davide Furfori