Quella lunga serie di terremoti dalle faglie sotto la Lunigiana

Decine di scosse superiori al IV grado dal XIV secolo al 2013. Se ne è parlato nella conferenza di Sergio Marchi a Terrarossa

I ruderi della torre di Groppo San Pietro: quanto resta della fortezza abbattuta dal terremoto del 1481

Abbattuta la fortezza di Groppo San Pietro, “fracassata” quella di Sassalbo (“in modo che non vi si può abitare”), la torre di Verrucola “aperta” e almeno duecento case crollate a Fivizzano: è la cronaca degli effetti del terremoto che il 7 maggio 1481 con una scossa stimata dell’8° grado della scala Mercalli, colpì tutto il Fivizzanese, che comprendeva anche l’attuale Comune di Comano.
La si ricava dalla lettera che, tre giorni dopo, il capitano Bartolomeo Pucci aveva inviato agli “Otto di Pratica”, la magistratura della Repubblica di Firenze che aveva il compito, tra gli altri, di conoscere lo stato delle fortificazioni del territorio ricompreso nella propria giurisdizione.
Nella lettera il capitano fiorentino accenna anche alle scosse – quelle che oggi formerebbero lo “sciame sismico” – avvertite a Fivizzano a partire dall’inizio del mese di febbraio di quell’anno quando, il 7 del mese, il territorio reggiano di Cavriago era stato colpito da un sisma ricondotto poi al 7° grado.
Di terremoti in Lunigiana si è parlato sabato pomeriggio, 15 marzo, a Terrarossa nell’incontro sulla sismicità in Lunigiana, raccontata e spiegata da Sergio Marchi, nell’ambito del ciclo di conferenze “Sabato con il personaggio” curato da Paola Fregosi.
“Venne un tremuoto terribile” scrisse nel 1481 il capitano Pucci, e di terremoti originatisi dalle faglie sotto il territorio della Lunigiana le memorie storiche ne ricordano davvero molti.
Marchi ne ha elencati varie decine di grado uguale o superiore al 4°, a partire da quello che nel 1366 si era generato a Sillano, a cavallo fra Garfagnana e Lunigiana; poi la già richiamata scossa del 1481 con epicentro a Comano e ancora il terremoto del 1497 nel Tresanese dove le cronache del tempo ricordano siano state abbattute le torri di tre fortezze. Nel 1545 si ha poi notizia di una scossa originatasi sotto il passo del Brattello e nel 1641 a Pontremoli.
Dal Settecento le notizie si fanno più precise e la memoria dei terremoti più ricca: 1767 a Monzone, 1775 a Fivizzano, 1790 a Ponticello. E nell’Ottocento ecco forti scosse a Grondola (1834), ancora al Brattello (1849) e a Serricciolo (1878). Il Novecento si apre con il ben noto terremoto di Filattiera, dove ancora oggi si venera la Madonna Addolorata per lo scampato pericolo in occasione della scossa del luglio 1903.

Un momento della conferenza di Sergio Marchi a Terrarossa

Il 1920 è l’anno tragico del terribile sisma (9°-10° grado della scala Mercalli) con epicentro in Garfagnana. Un sisma che tanti danni aveva provocato anche in Lunigiana, con almeno 171 morti e centinaia di feriti, soprattutto nel territorio di Fivizzano e di Casola in Lunigiana dove, ad esempio, venne quasi completamente distrutto il paese di Vigneta.
E ancora: Pontremoli (1921), Rossano di Zeri (1926), Bedonia (1927), Bigliolo (1931)… Anche nel secondo dopoguerra è stata registrata una lunga serie di scosse significative originatesi dal sottosuolo della Lunigiana: a Gragnola (1955), Minucciano (1961), Sassalbo (1965), Passo della Cisa (1972), Comano (1986), Ugliancaldo (1987), Monte Molinatico (1988), Corniglio (1989)… e ancora Bagnone (3 marzo 1995) e Caniparola (10 ottobre 1995).
Nel terzo millennio è stata ricordata la scossa di Arzelato (2008) e soprattutto la serie di quelle del 2013 che, fra il 21 e il 30 giugno, si originarono fra Monzone, le Apuane e Minucciano con magnitudo compresa fra 4,8 e 5,4 e che tgravi danni hanno provocato nel territorio ad iniziare dalle decine di chiese e oratori rimasti inagibili per lunghi anni. Naturalmente non tutti i terremoti sono uguali, soprattutto per gli effetti che producono in termini di conseguenze per le persone e di danni al patrimonio, effetti che dipendono soprattutto dalle caratteristiche del territorio.
Resta il fatto che sotto le profondità della Lunigiana si trovano almeno una decina di faglie “capaci” di provocare scosse superiori al quarto grado: conviverci significa soprattutto adeguare i propri comportamenti e, soprattutto, pensare al grado di sicurezza di abitazioni e luoghi di lavoro.

(p. biss.)