I diaconi essenziali per il servizio alla Chiesa e nelle comunità

Nello scorso fine settimana si è tenuto in Vaticano il Giubileo dei diaconi: in 4.000 sono arrivati a Roma. La S. Messa conclusiva è stata celebrata dall’arcivescovo Rino Fisichella

La celebrazione della S. Messa nella Basilica vaticana per il Giubileo dei Diaconi (Foto Vatican Media/SIR)

La preghiera comune della liturgia delle ore, momenti di catechesi e condivisione, l’ormai tradizionale pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica di San Pietro, una veglia di preghiera nell’Aula Nervi e la S. Messa conclusiva di domenica 23 febbraio che, causa del ricovero ospedaliero di Papa Francesco, è stata celebrata dall’arcivescovo Rino Fisichella (Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione) che si occupa dell’organizzazione degli eventi giubilari.
Questo il programma che, nello scorso fine settimana, ha visto giungere in Vaticano circa quattromila diaconi, provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali accompagnati dai loro familiari, in occasione del Giubileo dei diaconi.
Una presenza incredibile dunque che ha permesso di rimarcare l’importanza della vocazione cristiana come ministero sacerdotale “nel primo grado” e soprattutto la figura del diacono permanente (ripristinata dal Concilio Vaticano II, in armonica continuità con l’antica tradizione).
È così che è stato possibile riscoprire l’essenzialità del ministero dei diaconi come servizio per la Chiesa e come presenza fondamentale, nella vita di ogni giorno. Un diacono infatti, rispetto ad un sacerdote, ha la possibilità di esprimere la propria testimonianza di fede anche nella quotidianità di una famiglia, nel dialogo su un posto di lavoro, nella società civile.

(Foto Vatican Media/SIR)

In questo percorso è senz’altro necessaria la presenza – ben fondamentale – dell’amore di una sposa, di figli e nipoti, e il confronto con figure sacerdotali che possano portare a rispondere positivamente all’Eccomi richiesto dal Signore.
Un diacono diventa, nel ministero, “scultore” e “pittore” del volto misericordioso del Padre, testimone del mistero di Dio-Trinità”. Così ha ricordato Papa Francesco nell’omelia inviata per la Celebrazione Eucaristica domenicale, nel corso della quale sono stati ordinati 23 diaconi – provenienti da ogni parte del mondo.
Ma il Papa ha sottolineato anche quanto la necessità del perdono sia un compito essenziale del diacono, sull’esempio di Gesù “modello di ogni diaconia, che sulla croce, svuotando sé stesso fino a dare la vita per noi, prega per i suoi crocifissori e apre al buon ladrone le porte del Paradiso”.
E ancora il Papa ha rimarcato la gratuità necessaria del servizio diaconale che rispecchia la carità di essersi consacrati a Cristo. Ma anche la gratuità come “fonte di comunione” che sprona a dare senza chiedere nulla in cambio, che unisce e crea legami perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone.

(Foto Vatican Media/SIR)

Da ultimo il Pontefice ha invitato i diaconi – che stavano per essere ordinati – a “discendere” i gradini del ministero. “Discendere”, e non “ascendere”, perché con l’ordinazione non si sale, ma si scende, ci si fa piccoli “ci si abbassa e ci si spoglia”. Per usare le parole di San Paolo un diacono, con il suo servizio, abbandona il suo “uomo di terra” e si riveste, nella carità, “uomo di cielo”.
Uno dei diaconi presente all’evento giubilare ha sottolineato come, in ogni giorno, in ogni momento, in ogni situazione della vita, pur non essendoci cose grandi che “possiamo fare”, con le persone che si incontrano, è possibile portare quel “seme di luce” che significa bene e amore e che guida al Signore.
In ogni situazione dunque: partendo dalla famiglia, nella nostra casa e nella parrocchia, e arrivando al mondo del lavoro, alle persone che incontriamo, riconoscendo nel fratello quello a cui possiamo spenderci.
A volte, anche nelle nostre parrocchie, c’è il rischio di sminuire la presenza dei diaconi e di definirli soltanto “un mezzo prete”. Non è certamente questo il concetto da individuare in essi poiché ogni diacono è un fratello che, con la sua stessa vita, sta offrendo maggiormente un servizio alle comunità, alla diocesi, alla Chiesa intera.
Preghiamo dunque il Signore perché doni alla Sua Chiesa persone che possano testimoniare sempre la bellezza di quanto, sull’esempio dell’amore, sia più bello “non ministrari sed ministrare” cioè “servire” piuttosto che essere serviti.

Fabio Venturini