
Domenica 4 giugno. Pentecoste
(At 2,1-11; 1Cor 12,3-7.12-13; Gv 20,19-23)
Già nella sua prima apparizione di fronte ai discepoli dopo la resurrezione, Gesù aveva detto loro “Ricevete lo Spirito Santo”. E anche subito prima della sua ascensione al cielo era ritornato sullo stesso concetto, annunciando che entro pochi giorni, i discepoli sarebbero stati “battezzati di Spirito Santo”. Nel giorno di Pentecoste, o Shavuot, i cinquanta giorni della Pasqua, in cui gli ebrei festeggiano la consegna della Legge a Mosè sul Sinai, i discepoli sono riuniti, anche loro a festeggiare, come tutti gli altri. Nei secoli si è scritto molto su come i primi cristiani abbiano “scaltramente rubato” le festività delle altre religioni, soppiantandole con le proprie ricorrenze e contribuendo alla cancellazione delle tradizioni antiche. Tutt’altro, il Cristianesimo ha integrato alla luce del Vangelo le festività precedenti la nascita di Cristo, specialmente quelle ebraiche, unendo alla celebrazione dell’episodio biblico quella dell’evento evangelico, senza che la seconda ‘soppiantasse’ la prima in nessun modo.
Gli atti ci narrano che i discepoli sono chiusi in un luogo appartato, quando avviene un prodigio: si sente dal cielo il fragore del vento e appaiono ai loro occhi lingue di fuoco, che via via si dividono e si posano su ciascuno di loro. E così avviene quanto il Maestro aveva loro anticipato, i discepoli sono colmati di Spirito Santo, e immediatamente è loro chiara la missione che Gesù ha dato loro: annunciare la sua venuta, e la sua resurrezione. E in spregio al pericolo, escono in strada. In città si sono radunati ebrei osservanti “di ogni nazione che è sotto il cielo”.
A questi, i discepoli iniziano a parlare delle opere di Dio, e qui avviene un prodigio ancora più grande, uno che non può essere scacciato come mera allucinazione: gente proveniente da ogni angolo del mondo si ferma ad ascoltare questi bizzarri personaggi, e ciascuno li sente parlare nella propria lingua nativa.
Se la resurrezione di Gesù segna la ricucitura dello strappo tra l’uomo e Dio, la discesa dello Spirito Santo segna la ricucitura di quello tra uomo e uomo: la confusione delle lingue che affliggeva l’umanità dai tempi di Babele, impedendo che gli umani si riunissero insieme, è sconfitta. Spesso si accusa con forza la religione di essere un motivo (se non IL motivo) delle divisioni tra gli uomini, dell’incomprensione e dell’odio.
Eppure, ciò che Gesù insegna, e ciò che raccontano i Vangeli, è un’invocazione di riconciliazione tra tutti gli esseri umani, su una scala mai pensata prima e che mai sarà neppure tentata in futuro, per quanto molti si illudano di aver perseguito lo stesso obiettivo senza accorgersi di aver sempre escluso qualcuno. Né l’arte, né la musica, né l’ideale stesso di bellezza (per quanto encomiabili tutti e tre) hanno riunito il mondo quanto l’amore di un uomo che si è presentato sin dall’inizio riassumendo lo scopo di tutta la sua esistenza: “Pace a voi!”
Davide Furfori