
Domenica 21 maggio, VI domenica di Pasqua
(At 8,5-8.14-17; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21)
Domenica scorsa, nei discorsi di addio di Gesù, abbiamo ascoltato la sua richiesta: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Ha chiesto che la stessa fede che i discepoli pongono in Dio la pongano anche in lui. Ora chiede ai discepoli di amarlo, di nutrire un vero amore per lui. Poi continua spiegando loro cosa accadrà dopo che lui se ne sarà andato: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”.
Paràclito può voler dire “difensore” ma anche “accompagnatore”, è l’entità che scenderà sui discepoli nel giorno di Pentecoste, dando loro il coraggio di proclamare apertamente la resurrezione, e la capacità di farsi comprendere da ognuno che li ascolti, e che aprirà i loro occhi alla verità, dando loro la certezza in ciò in cui adesso solo sperano: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”. Gesù spiega anche come i discepoli dovranno comportarsi da ora in poi: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti […] Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”. Quel “Se…” significa “nel caso in cui”, quindi i comandamenti, per Gesù, vanno rispettati per amore, non per paura di una eventuale punizione. “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.” Il testo è molto chiaro: le due espressioni “amare me” e “osservare i miei comandamenti” sono in relazione reciproca, l’una riflette l’altra, ma il motore è l’amore. Dall’amore nasce il desiderio di seguire i comandamenti, ma, per testimoniare l’amore verso Gesù, non c’è altra strada che la fedeltà nel seguire i suoi comandamenti. L’amore autentico per il Signore si lascia plasmare dalla Parola e tende alla sua realizzazione, consiste nel fare ciò che lui vuole. L’etica cristiana originaria, e anche quella dei secoli successivi, ha alla propria base questo postulato rivoluzionario. Nei secoli c’è stato qualche cedimento pastorale, perché qualche autorevole prelato ha tentato di instillare primariamente la paura dell’inferno nei suoi ascoltatori, allo scopo di ottenere – di conseguenza – il rispetto dei comandamenti. È un metodo apparentemente più semplice e più efficace. Praticamente tutti gli altri sistemi morali incoraggiano a rispettare le proprie norme facendo temere le conseguenze dell’infrangerle. Noi oggi abbiamo capito che un sistema simile non può durare. Superficialmente funziona, ma crea solo frustrazione, e spesso accresce il desiderio di infrangere le regole, anche solo per spregio all’autorità. Se una norma non è sentita, è inutile costringere a seguirla, se allo stesso tempo non ci si prodiga per farla (eventualmente di nuovo) sentire. E l’unico modo per fare ciò è entrare in contatto con il prossimo, ma per questo è necessario provare per gli altri un sentimento d’amore: quindi innanzitutto di rispetto e di fiducia. E come dice lo stesso Gesù, l’amore per il prossimo e l’amore per Dio sono una cosa sola. Chi ama Dio, ama anche il prossimo, e per amore del prossimo osserva i comandamenti.
Pierantonio e Davide Furfori