Lungo la via per Lucca, a San Terenzo Monti la tela ritrovata del Volto Santo

Il dipinto risale al XVII secolo ed era destinato ad ornare l’altare maggiore della chiesa. Dimenticato per secoli, di recente è stato recuperato

La tela nella chiesa di San Terenzo Monti raffigurante il Volto Salto secondo l’iconografia dell’immagina venerata nella cattedrale di Lucca.

La chiesa di San Terenzo Monti è dotata anche di una ricca serie di pale, disponendo di 5 altari, 4 dei quali riccamente dotati di elementi marmorei, tra i quali spicca, in tre di questi, la coppia di colonne in marmo Portoro con basi e capitelli in marmo bianco di Carrara. Il più povero degli altari, realizzato in stucco dipinto e non in marmo, ha una coppia di colonne tortili, come molte se ne trovano in Lunigiana, motivo diffuso dopo l’invenzione del baldacchino di San Pietro, ideato da Bernini con la collaborazione di Borromini, e realizzato tra il 1624 e il 1633.
Ma quel che colpisce è la pala contenuta in questo altare. Il notevole e approfondito lavoro di studio e ricerca di don Maurizio Marchini, parroco per breve periodo di questa chiesa e sensibile architetto, nonché uomo di eccezionale sensibilità artistica, ha portato dunque a far uscire dall’oblio questa inequivocabile rappresentazione del Volto Santo conservato a Lucca, e che diede nome anche ad una strada, la Via del Volto Santo, che univa Garfagnana e Lunigiana, Pontremoli a Lucca.

La facciata della chiesa parrocchiale

Come mai si trova qui questa grande pala? A fronte della ricchezza di informazioni che si ha sul paese, sulla chiesa, su molte delle sue dotazioni, nulla si sapeva su questa pala; dalle ricerche di don Marchini, è emerso che, a seguito della necessità di un ammodernamento della chiesa, nel 1673, per “ridurre a miglior forma” l’antica chiesa, venne decisa la demolizione dell’abside, dalla convenzionale forma semicircolare, per una più innovativa forma a scarsella, ossia rettangolare.
Fu allora demolito anche l’altar maggiore, dedicato alla Santa Croce di Cristo, altare che doveva accogliere la grande pala ritrovata. Sì, giusto parlare di “ritrovamento”, perché, nella memoria dei parrocchiani, nulla vi era a proposito di questa grande tela.
Fu ritrovata, arrotolata in un canto dell’edificio, dimenticata, forse da secoli, recuperata e restaurata, dopo una attenta valutazione improntata a metodo filologico, su confronto tra le dimensioni della pala e dell’alloggiamento, dalla presenza di un crocefisso con titulus tipicamente inclinato, posto alla base dell’altare, con riferimento alla Croce di Cristo, e con la presenza della colomba dello Spirito Santo, qui posta alla sommità dell’altare, secondo il modello presente nel tempietto che conserva il Volto Santo a Lucca.

L’interno della chiesa parrocchiale di San Terenzo Monti

Insomma, la grande pala, era posta nell’altar maggiore, dedicato al Volto Santo di Lucca, con i lavori di riassetto della chiesa, l’altare fu demolito e ricostruito in forme nuove e dedicato al Santo con sistemazione in cassa marmorea delle reliquie, e la pala finì altrove, in quell’altare minore, dal quale fu ancora rimossa, non si sa quando, si sa solo che nessuno aveva memoria di questa serie di fatti.
Complimenti dunque a don Maurizio Marchini che ha dato prova della forza e della dedizione che ancora sono necessari, nel XXI secolo, per proteggere e valorizzare i beni ecclesiastici troppo esposti, ancora, a rischi.
Ultima notazione; come mai, a San Terenzo Monti era così presente e forte la devozione al Volto Santo?
In effetti la Via del Volto Santo, lambisce appena quest’area, articolandosi tutta sullo spartiacque tra Val di Magra e Valle del Serchio, nel tratto che da Pontremoli scende fino alla valle dell’Aulella, e risalendo questa giunge al Passo di Tea, per scendere poi in Garfagnana.
È questa, probabilmente, una chiara testimonianza dell’influenza lucchese che tanto ci è nota studiando il caso di Pieve San Lorenzo, dove la Repubblica lucchese ebbe tanta parte nell’amministrazione di quei territori.
La visita a San Terenzo Monti, ci mette di fronte ad una di quelle realtà sconosciute o quasi, dove storia, spesso antichissima, fatti cruenti recenti, contemporaneità e problematiche tese alla conservazione, inducono a riflessioni sul futuro di questa amatissima terra.

Stefano Calabretta