Rifiuti organici: al via il progetto per un biogestore al Cermec di Massa

36 milioni di euro per produrre biogas e compost dai rifiuti organici. L’ATO della costa toscana tenta così di completare il ciclo dei rifiuti nei 100 comuni delle province di Massa, Lucca, Livorno e Pisa. Il movimento ambientalista promette battaglia.

Immagine area del Cermec di Massa
Immagine area del Cermec di Massa

L’iter autorizzativo e progettuale è oramai avviato: presso l’area del Cermec di Massa si costruirà un biodigestore per il trattamento dei rifiuti organici provenienti dall’ATO di Costa, che comprende le provincie di Massa Carrara, Lucca, Livorno e Pisa. Sfumata la possibilità di finanziare l’impianto con i fondi del PNRR, a esborsare i 36 milioni di euro per la costruzione del biodigestore sarà Retiambiente, la società pubblica – i soci sono i comuni dell’ATO Costa – che riveste il ruolo di gestore unico del ciclo integrato dei rifiuti nelle quattro province toscane. La Regione, titolare delle competenze in materia ambientale e di rifiuti, ha deciso di non sottoporre il progetto a valutazione di impatto ambientale ordinaria (VIA).

A metà marzo è partito l’iter di Autorizzazione integrata ambientale (AIA), una procedura amministrativa semplificata che andrà a sostituire quella che a Cermec fu rilasciata nel 2021 per il trattamento meccanico dei rifiuti, attività che la società consortile (i due soci sono pariteticamente i comuni di Massa e di Carrara) svolge nello stabilimento sito nella Zona Industriale Apuana da decenni. A progetto ultimato saranno 97.500 le tonnellate all’anno di frazione organica proveniente da oltre 100 comuni, compresi quelli lunigianesi, che verranno lavorate. L’impianto tratterà rifiuti urbani biodegradabili, provenienti principalmente da scarti alimentari e da sfalci e potature. Il processo di lavorazione nella parte anaerobica produrrà biometano, che verrà commercializzato, mentre nella parte aerobica produrrà compost. Verrà inoltre realizzato anche un modulo per la produzione di compost derivante dal trattamento dei fanghi derivanti dai depuratori dei reflui urbani.

Secondo i dati forniti da Cermec nei comuni dell’ATO Costa si producono annualmente 118mila tonnellate di rifiuti organici e circa la metà saranno conferita al biodigestore massese, che sarà capace di produrre 4.757.080,32 normal metro cubo (Nmc) di biometano all’anno, verranno immessi in rete senza previsioni di stoccaggi, e oltre 25 mila tonnellate annue di compost. Con tono trionfalistico da più parti si è parlato di “economia circolare”, anche se la galassia ambientalista apuana si è subito espressa contro l’abuso di questo termine perché i digestori bruciano energia fossile (materia organica) e producono inquinamento e rifiuti con sprechi di materia che non ritorna alla terra. Ma per i movimenti che già si sono pronunciati contro l’opera, riuniti nella “Rete delle associazioni e dei comitati contrari al biodigestore del Cermec SpA”, c’è dell’altro: in primo luogo, anche il metano è un gas serra, molto più impattante dell’anidride carbonica. Preoccupa anche l’impatto locale dell’impianto, progettato in un sito da sottoporre a bonifica a causa delle pesanti contaminazioni a cui è sottoposta parte della Zona Industriale Apuana: secondo gli ambientalisti questi impianti presentano rischi di incendi ed esplosioni, che possono avere conseguenze disastrose, con sversamenti nel terreno che richiedono una bonifica della durata di molti anni e contaminazione dell’aria. Il digestore determinerebbe inoltre forti maleodoranze, rumori, aumento dei mezzi di trasporto (con conseguente traffico e inquinamento) e richiederebbe un forte consumo idrico. La richiesta da parte della Rete di un “percorso partecipato” nella forma di contraddittorio pubblico inviata ai sindaci di Massa e Carrara e al Presidente della Regione ha ricevuto la risposta negativa della Regione Toscana. Ma c’è da scommettere che i ricorsi amministrativi per contrastare l’avvio del cantiere non mancheranno.

(Davide Tondani)

Il caso di Santo Stefano Magra e l’incognita 2035

Il biodigestore di Santo Stefano Magra
Il biodigestore di Santo Stefano Magra

A meno di 25 km dal Cermec, un secondo digestore potrebbe essere realizzato tra pochi anni, questa volta in territorio ligure, formalmente in comune di Vezzano Ligure, ma sulla sponda santostefanese del Magra, nell’area degli svincoli autostradali A12-A15, a poche centinaia di metri dal fiume e dalla sua riva toscana di Albiano: come spesso accade i progetti più “scomodi” vengono situati in territori di confine. Il progetto ligure ha visto una forte mobilitazione popolare contro la sua realizzazione, inizialmente prevista dalla Provincia nell’area attigua alla Centrale Enel di La Spezia ma poi “spostato” dalla Regione con un colpo di mano nell’area di Saliceti, a fianco di un impianto di trattamento TMB, aumentando la capacità produttiva inizialmente prevista a 90 mila tonnellate annue per ospitare i rifiuti organici non solo della provincia spezzina, ma anche di tutto il Tigullio.

Nel settembre 2019 un’imponente manifestazione a Santo Stefano unì popolazione e amministrazione locale contro un impianto situato in riva al fiume nella zona in cui la falda fluviale alimenta i pozzi che riforniscono gli acquedotti di Spezia, che sarebbero messi a repentaglio da eventuali sversamenti. Ma la preoccupazione dei cittadini, con a capo i sindaci di Santo Stefano e Vezzano, riguardava anche la viabilità insufficiente a sopportare il traffico dei camion, il rischio inquinamento atmosferico e gli odori che saranno emessi dalle 6 ciminiere. Contro il progetto proposto da IREN e lo spostamento voluto dalla giunta Toti dall’area Enel a Saliceti, le due amministrazioni locali vinsero un primo ricorso al TAR, ma il Consiglio di Stato, lo scorso gennaio, ha ribaltato la sentenza, accendendo il semaforo verde ad un progetto per il quale sono stati stanziati anche fondi Pnrr.

La Commissione petizioni del Parlamento Europeo, interessata a valutare il piano dalle giunte di Santo Stefano e Vezzano, ha deciso di approfondire la documentazione, ponendosi come ultima speranza dei comitati contro l’opera. Ma c’è un ultimo aspetto che pone dubbi molto forti sulla sostenibilità – questa volta economica e finanziaria – dei biodigestori: la Commissione Europea è fortemente orientata (con la contrarietà dell’Italia) ad non inserire le auto con motori termici alimentati da biogas tra quelle immatricolabili dopo il 2035. Se la decisione fosse confermata, la profittabilità di un investimento costoso e a lungo termine come quello nei digestori potrebbe (forse) essere fortemente pregiudicata. (d.t.)