
Domenica delle Palme
(Is 50,4-7; Fil 2,6-11; Mt 26,14- 27,66)
In questa domenica, detta delle Palme, si celebrano, con la liturgia della parola, la passione e la morte di Gesù indispensabili per giungere al passaggio (Pasqua) che apre ad una vita nuova liberata dalla morte. Prendiamo due simboli. Giuda vende per trenta denari d’argento il Maestro alle autorità religiose. Trenta sicli d’argento erano il rimborso dovuto al padrone da chi avesse ucciso uno schiavo. Gesù si offre come schiavo, ma non come schiavo che realizzi i desideri e capricci umani, bensì come schiavo che opera affinché ognuno scopra di essere amato ed impari, a sua volta, ad amare. L’altro simbolo non può essere che la croce. Tremendo strumento di morte, ma soprattutto di sofferenza. Per l’appeso ogni tentativo di respirare, per trattenere la vita, è fonte di sofferenza estrema. Tuttavia quello strumento, con la sua verticalità, è disegnato come un tratto di unione tra la terra ed il cielo; mentre nei due bracci che si stendono orizzontalmente sembra attrarre a sé tutta l’umanità con la sua sofferenza.
L’amore, quello che non cerca né il proprio bene né il proprio interesse, è fatto così, ci viene dall’alto ed abbraccia tutti i fratelli del mondo, a partire dai più deboli e bisognosi. In quest’anno “A” la liturgia ci propone la passione secondo Matteo. Il suo racconto ha alcune particolarità. È solo in questo vangelo che Gesù indica chiaramente colui che sta per tradirlo. Strano che gli undici non abbiano assalito Giuda e non gli abbiano impedito di consegnare Gesù. Matteo probabilmente voleva ricordare alla comunità del suo tempo ed alle comunità di tutti i tempi che è molto facile farsi assorbire dal pensiero umano e tradire la parola e l’insegnamento di Gesù, salvo poi pentirsi e disperare del perdono, come ha fatto Giuda.
Altra particolarità del Vangelo di Matteo è l’episodio del servo del sommo sacerdote, a cui viene reciso, con una spada, un orecchio. Il Maestro chiede ai suoi accompagnatori di metter via le armi anche se usate per impedire un arresto arbitrario. Tutto ciò che è costruito sul criterio della forza troverà, prima o dopo, una forza più grande che lo annienterà. Solo la debolezza disarmata dell’amore può vincere in maniera definitiva. Altre peculiarità di Matteo sono il sogno e la raccomandazione della moglie di Pilato, il fatto che questi si lavi le mani per non avere la responsabilità della morte di un giusto e la tremenda frase detta dagli Ebrei: ”Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli.” Abbiamo notato come tutte le pagine dei vangeli siano, prima di essere cronaca, pagine di teologia.
Matteo scrive il suo vangelo dopo la distruzione di Gerusalemme e lo scrive proprio per gli Ebrei. Sottolinea come, se ci si comporta al contrario degli insegnamenti di Gesù, se si cerca sempre il proprio interesse, se si accetta la corruzione, se si usa la violenza, continuamente scorra sangue. Finiamo meditando sul velo del tempio che, subito dopo la morte di Gesù, fu squarciato. L’uso del passivo, indica l’opera di Dio. Con quella morte il velo che tiene nascoste le “cose” di Dio all’uomo, non ha più senso, tutto ciò che l’uomo può comprendere di Dio è stato svelato. Ora siamo pronti a vivere pienamente la Santa Pasqua.
Pier Angelo Sordi