
La scomparsa dell’ultimo presidente dell’URSS protagonista di un nuovo corso della politica sovietica

Dal marzo 1985, quando Mikhail Gorbaciov divenne Segretario del PCUS e capo del governo sovietico, tutti imparammo due vocaboli russi: perestrojka e glasnot = ristrutturazione e trasparenza, spiegati in un libro del giovane leader, nato da contadini del Caucaso, che parla di situazioni, obiettivi e sostanza del suo nuovo corso politico. La crescita economica rallentava, aumentava il debito pubblico, si pativa la minaccia nucleare , grandi problemi sociali rimanevano irrisolti, si imponeva con urgenza un cambiamento totale.
Venne inaugurata la nuova strategia della perestrojka senza nascondere l’effettiva situazione dell’immenso paese. Gorbaciov si impegnò a liberare anche la cultura, la scienza dal capestro del pensiero unico imposto dal sistema totalitario, che aveva punito il dissenso riempiendo “l’arcipelago Gulag”siberiano dei vari Solgenitsin, Sacharov, aveva vietato a Pasternach di ritirare il Nobel per la letteratura, censurava e spiava i cittadini coi terribili metodi della polizia politica KGB.
Scrive nel libro “Perestrojka” che critica e autocritica (glasnot) sono necessarie per un socialismo moderno e democratico, che accettare le critiche è segno di forza e non di debolezza. Fece ogni sforzo per rendere l’informazione più libera, nel 1989 fece libere elezioni.
Gli intellettuali sovietici e di tanta parte del mondo appoggiarono la ristrutturazione con grande entusiasmo, dopo le cupe diffidenze alla Breznev, Gorbaciov contrapponeva il costante e festoso dialogo con Reagan con cui firmò l’accordo per il disarmo nucleare e con Bush senior, evitando guai apocalittici al mondo, decise coraggiosamente il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, quando cadde il muro di Berlino non fece nessuna opposizione alla proclamazione dell’indipendenza delle 15 repubbliche della ex-Unione Sovietica, tra cui l’Ucraina (prima di morire ha condannato l’invasione dei russi ancora in atto), riabilitò i dissidenti.
Nel disastro di Chernobil, dopo lo smarrimento iniziale, fu garantita tutta la trasparenza informativa. Il nuovo pensiero politico si concentra sulla convinzione che “i popoli sono stanchi della tensione e del confronto”, rimarranno diversità di sistemi sociali, di opinioni ideologiche e religiose, ma non si può più concepire di ricorrere alla forza nella politica mondiale, la guerra nucleare o non nucleare è insensata, irrazionale. Il Premio Nobel per la pace assegnatogli nel 1990 aveva veramente motivazioni etiche, politiche e culturali profonde. Unire socialismo e democrazia è operazione complicata, non era nelle corde dei reazionari nostalgici e dei corrotti oligarchi attaccati ai loro lucrosi privilegi.
Gorbaciov fece finire il sistema comunista dell’Europa orientale e in Unione, Sovietica; la bandiera rossa fu ammainata dalla cupola del Cremlino, ma la ristrutturazione non si consolidò. Gli analisti politici cercano di spiegarlo: le riforme interne non furono rapide e fruttuose come si aspettavano i progressisti, realizzate con uno stop and go.
Nell’agosto 1991 i reazionari conservatori tentarono un colpo di stato che fallì. Ci fu l’improvvisa e ardita manovra di Eltsin salito su un carro armato, prese il potere per pochi anni, ma già manovrava la sua ascesa Vladimir Putin, solidamente sullo scranno come uno zar, che con modifica costituzionale ha programmato fino al 2036 il potere suo assoluto sulla Russia. Da sei mesi ha riportato la guerra in Europa, massacra gli ucraini e fa danno grave anche agli altri popoli. Gorbaciov si dimise, non fu ucciso, andò a vivere negli Stati Uniti con la moglie Raissa.
Tornava in Russia, fece vita privata ma impegnata sul piano civile e culturale nella sua Fondazione per studi socio-economici e politici, in Italia opera un Summit Gorbaciov dei premi Nobel per la pace. Ha sempre sostenuto come azionista tra i più attivi il periodico russo Novaja Gazeta libero e indipendente, che proprio martedì ha visto proibita la stampa e nel recente passato uccisi suoi giornalisti che denunciano il totalitarismo di Putin e suoi compari.
Maria Luisa Simoncelli