Guerra in Ucraina: l’azione nonviolenta può favorire la pace

L’11 luglio si è svolta a Kiev la manifestazione di solidarietà al popolo ucraino. “Non basta esprimere la contrarietà alla guerra, occorre costruire la pace”

Un’altra immagine degli attivisti di Mean a Kiev (foto Mean)

Mentre si susseguono le notizie sui bombardamenti messi in atto da Putin per estendere il controllo su tutta la zona sud-orientale dell’Ucraina e sulle nuove possibilità che possa avere inizio lo sblocco dei cereali ed altri prodotti agricoli “ostaggi” dei russi nei porti ucraini, lunedì scorso si è svolta a Kiev una manifestazione in favore della pace organizzata dal Movimento europeo di azione nonviolenta (Mean). Un’organizzazione nata in Italia, che raccoglie più di trenta associazioni – molto rappresentato il mondo cattolico: Movimento dei focolari, Casa della carità di Milano, Azione cattolica – e che si propone di mantenere desta l’attenzione sulla possibilità di percorrere vie di pace per giungere alla fine di questo assurdo conflitto, così come di tante altre guerre sparse per il mondo.

Angelo Moretti, portavoce di Mean, in occasione della Manifestazione non violenta promossa a Kiev dal Progetto Mean (foto Mean)

Non casuale la scelta della data: l’11 luglio, infatti, la Chiesa fa memoria di San Benedetto, patrono d’Europa, e in quella data, nel 1995, ebbe luogo il massacro di Srebrenica, con l’uccisione di 8mila musulmani da parte dei serbi di Bosnia.
Nei giorni in cui la manifestazione è stata lanciata e preparata, ci sono stati diversi comunicati stampa che hanno chiarito lo spirito dell’iniziativa. “La solidarietà dell’Europa a un popolo brutalmente aggredito, ha dichiarato il portavoce del movimento, Angelo Moretti, non si esprime soltanto con l’invio di armi o con la raccolta di aiuti umanitari. C’è bisogno di altro. Occorre dire che come cittadini siamo a fianco degli ucraini, che non sono soli”.
Nessun dubbio, quindi, nel giudizio sul conflitto ma, nello stesso tempo, la determinazione a trovare soluzioni che mettano fine non solo alla guerra in atto ma anche alle divergenze che attualmente dividono i due Paesi. Ancora più significativa la volontà di assegnare un ruolo di primo piano all’Europa che, dicono gli organizzatori, non può limitarsi a sostenere la resistenza ucraina con l’invio di armi, ma deve assumere un ruolo primario nel tentativo di avviare negoziati.

Attivisti di Mean a Kiev per una marcia per la pace (foto Mean)

Anche il nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, ha dato il suo sostegno all’iniziativa “che dice che non basta esprimere la contrarietà alla guerra, occorre costruire la pace”. Ha poi espresso apprezzamento per il fatto che la manifestazione non vuole “interferire nelle decisioni del popolo ucraino e del Governo che li rappresenta su come vogliono difendere il loro Paese, la vita dei propri cittadini in primis i bambini e su come vogliono costruire il loro futuro. Giustamente avete scelto una dimensione diversa, quella della costruzione nonviolenta della pace”.
I manifestanti che hanno risposto all’invito di Mean sono stati accolti nel municipio di Kiev dal sindaco, Vitalii Klitschko, che ha ricordato che “è sbagliato pensare che questa guerra non riguardi l’Occidente. Con coraggio siete venuti a vedere che cosa accade. Ci unisce la volontà di far cessare i combattimenti”. Dai vari interventi sono emerse le divergenze, ma è importante il fatto che si siano gettati semi di pace destinati a crescere se continueranno ad esserci persone e movimenti capaci di coltivarli. Le distanze più evidenti sono sulla risposta militare all’aggressione russa.
Mons. Kulbokas ha sottolineato che “se un Paese come questo ha necessità di un appoggio militare significa che le azioni nonviolente hanno fallito. Ma fallire non vuol dire rinunciare, bensì rilanciare. È una scommessa enorme trovare nuove strade per fermare le ostilità e uscire da una spirale di morte”. Nel suo discorso, Angelo Moretti ha ricordato che la solidarietà agli ucraini si è manifestata “da quando abbiamo visto entrare i carri armati russi sul vostro confine” e ha descritto l’ammirazione sorta “quando avete deciso di resistere, quando avete circondato i soldati russi in modo nonviolento con le vostre bandiere… quando avete messo i vostri corpi disarmati davanti ai tank russi che invadevano le città… quando avete messo in piedi una resistenza di popolo che ci porta all’origine del sogno europeo di un mondo libero, democratico e rispettoso dei diritti sociali”.
Citando il partigiano Germano Nicolini e lo scrittore francese Albert Camus, ha affermato che “non possono esistere due Europe, una che invia armi ed una che sta a casa a vedere alla tv come andrà a finire… Siamo qui per costruire… l’Europa pacifista di domani, quell’Europa che avrebbe dovuto intervenire prima e meglio ai vostri confini, con i Corpi Civili di Pace, e che invece è stata colta impreparata il 24 febbraio scorso”. a.r.