Cresce l’Italia all’estero: sono urgenti politiche per rendere più attrattivo il nostro Paese

A Roma il convegno di Migrantes e Inps. Gli italiani che vivono fuori dai nostri confini sono 5,65 milioni e sono 326mila le pensioni erogate all’estero: “perdita di gettito fiscale importante”

Salgono a 5,65 milioni gli italiani resistenti all’estero e ancora una volta bisogna sottolineare che è questa l’unica Italia che cresce (+3%) e che è un po’ più “rosa” visto che le donne italiane all’estero sono il 52,2%, circa l’1% in più rispetto alla media “interna”. Gli Italiani d’oltreconfine sono il 9,5% se confrontati con quelli che vivono nel Belpaese dove il calo è stato pari a 384mila unità.
Se la popolazione italiana all’estero ha una età media inferiore a quella della Penisola è comunque da segnalare che sono tanti gli over65: in totale 1,15 milioni, circa il 20%, comunque 3 punti percentuali in meno rispetto a chi vive entro i nostri confini. Ma è un dato che comunque suscita una riflessione importante a Delfina Licata, sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes, intervenuta ad inizio settimana al convegno che si è svolto a Roma sul tema “Italia, pensioni e mobilità: storia di partenze e di ritorni”, organizzato insieme all’Inps. I dati illustrati sono quelli relativi al 2020, i più aggiornati a disposizione e comunque significativi visto che quello è stato il primo anno della pandemia.
E proprio il dilagare del virus ha condizionato le partenze: i connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020 sono stati infatti 109.528, dunque 21.408 persone in meno rispetto all’anno precedente.
 

Far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro

contro l’aumento di lavoratori irregolari

 
Mons. Giancarlo Perego, Fondazione Migrantes

“Lo scenario attuale sul tema migrazioni chiede cambiamenti legislativi, sia per il rientro degli italiani dall’estero sia per i lavoratori immigrati in Italia”. Lo ha affermato mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, intervenendo a Roma all’incontro su pensioni e mobilità. “
Non possiamo andare avanti solo con le regolarizzazioni – ha detto – facendo perdere molti contributi pensionistici. C’è bisogno di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, per non creare ogni tre o quattro o anni mezzo milione di lavoratori irregolari che non contribuiscono al fondo pensionistico. C’è un problema di legalità che chiede questo tipo di passaggio per il futuro del nostro Paese. L’Italia ha bisogno di manodopera: ad esempio a Ferrara la frutta sugli alberi marcisce perché non ci sono persone che raccolgono”. Il suo invito è a rendere il Paese “attrattivo nei confronti dei lavoratori migranti con l’offerta di più opportunità in materia di welfare, riconoscimento titoli, sburocratizzazione”.
Riguardo all’accoglienza delle persone in fuga da guerre e disastri ambientali, mons. Perego ha ricordato che su 100 milioni di richiedenti asilo e rifugiati nel mondo solo il 4% arriva in Europa. Perciò auspica una migliore distribuzione dei profughi in Europa e in Italia, con una accoglienza decentrata in 8.000 Comuni.

 
Ripartizione percentuale per continente delle pensioni pagate dall’Italia all’estero

Se si analizza nello specifico la platea di coloro che, per scelta o per necessità, sono residenti all’estero si scopre che negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, con un’ampia preponderanza delle donne (+89,4%) rispetto agli uomini. “Le donne italiane in mobilità – è stato detto al convegno romano – si distinguono in tre profili: le vedove, che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti); le nonne, che raggiungono figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti”.

(Fonte Fondazione Migrantes – Rapporto Italiani nel Mondo)

Una categoria di emigranti, questi ultimi, che dovrebbe far riflettere: “Oggi il numero di connazionali che hanno scelto l’estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella penisola – ha spiegato Licata – dunque l’unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all’estero. L’Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata non cresce più, complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente”.

Distribuzione percentuale degli Italiani residenti all’estero (fonte Fondazione Migrantes – Rapporto Italiani nel Mondo)

E salgono a 326mila le pensioni che l’Inps eroga agli italiani che vivono all’estero, soprattutto in Europa e Nord America anche se stanno aumentando quelle erogate in Asia, Africa ed Est Europa, segno che molti immigrati sono tornati a vivere nei luoghi di provenienza.  Un numero che è però “di gran lunga inferiore – ha spiegato durante il convegno il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico – a quello dei nostri pensionati che ricevono l’assegno dall’estero. Il solo dato delle pensioni che la Germania paga all’Italia copre il contributo netto che l’Italia dà per i pensionati all’estero”. Si tratta di pensioni che riguardano per il 56,1% l’Europa, seguita da Nord America (22,8%), Oceania (10,7%), America meridionale (8,1%), Africa (1,2%), Asia (0,6%) e America Centrale (0,5%). Da notare che molte pensioni sono di reversibilità: in America meridionale, meta di un’emigrazione più antica, le pensioni di vecchiaia sono solo il 37% e quelle ai superstiti oltre il 60%, con un’età media molto elevata. Ed è iniziata negli anni duemila la liquidazione di pensioni di “nuova generazione” verso nuove destinazioni, come l’Est Europa o la Spagna e il Portogallo, che hanno norme fiscali attrattive per i pensionati, fatto che ha spinto Tridico ad auspicare il superamento della “asimmetria delle politiche fiscali e salariali tra Paesi europei” perché provoca una “perdita di gettito fiscale importante” per le casse dello Stato italiano.

(p. biss.)