
Celebrati i 25 anni dal ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina
Hong Kong ha celebrato il 25° anniversario del suo ritorno sotto il controllo diretto della Cina come una città blindatissima sia dal punto di vista dell’ordine pubblico che delle restrizioni anti-Covid. Era presente anche il presidente cinese Xi Jinping, arrivato in loco giovedì 30 giugno accompagnato dalla moglie. Nelle sue dichiarazioni, il presidente Xi Jinping ha ammesso che negli ultimi due anni ci sono state alcune turbolenze, ma il modello di organizzazione applicato a Hong Kong “è quello che può assicurare la prosperità e la stabilità a lungo termine”.
Nessuno può pensare di mettere in discussione la “giurisdizione generale” di Pechino su Hong Kong; non ci sarà, quindi, nessun cambio al sistema ‘un Paese, due sistemi’. Xi ha inoltre dichiarato che Hong Kong manterrà un regime capitalistico, il suo tradizionale stile di vita e l’ordinamento giuridico introdotto dai britannici fino al 2047. Il governo del territorio, però resterà affidato ai “patrioti”, perché non si può cedere il potere ai “traditori”; cioè a coloro che dal 2014 hanno protestato chiedendo più libertà e più democrazia per la città.
Si dice per niente convinto da questa analisi padre Renzo Milanese, missionario del Pime, che ha raccontato al Sir cosa sta succedendo in città. Gli atteggiamenti positivi “manifestati dai dirigenti cinesi per il grande futuro che attende Hong Kong”, dice, contrastano con il sentire della gente comune, che “guarda a questa commemorazione con una certa indifferenza”. Anche perché l’area in cui le celebrazioni si sono svolte è stata completamente blindata e chiusa dalle forze dell’ordine, in contrasto con quanto annunciato dal governo, che chiedeva una grande partecipazione. Le nuove restrizioni da Covid favoriscono il controllo della popolazione.
“Sono aumentate le telecamere un po’ dappertutto, spiega padre Milanese, e in queste condizioni sarebbe difficile organizzare una protesta perché nel giro di qualche minuto le forze dell’ordine saprebbero cosa potrebbe succedere, chi organizza e dove”. Il desiderio di partecipare alla vita sociale e politica viene soffocato dagli arresti e dalla chiusura di giornali e associazioni. La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, promulgata nel giugno 2020, di fatto ha limitato in questi due anni la libertà di parola: ad oggi sono quasi 200 le persone arrestate con l’accusa di mettere in pericolo la sicurezza nazionale.
“Molta gente emigra, dice il missionario italiano, soprattutto gli insegnanti, tenuti particolarmente sotto pressione, e i genitori che hanno figli in età scolare, primaria e secondaria”. Solo a Londra, dal gennaio dello scorso anno, sono giunti circa 35.000 abitanti di Hong Kong. Nei prossimi anni, conclude il missionario, a Hong Kong “si parlerà molto e sempre di più di sviluppo economico ma poco di democrazia politica e diritti umani”.
M.C.B – Agensir