Nei primi giorni del luglio 1822 moriva il poeta inglese, naufrago nel mare di Viareggio
Louis Edouard Fournier, Funerale di Shelley (1889). Liverpool, Walker Art Gallery
Il gusto per conoscere luoghi esotici, ritrovare una presenza della natura che restituisca alla vita interiore umanità e suggestive immagini di bellezza è l’identità propria della prima generazione dei poeti come pure dei pittori romantici quali Turner e Constable. La situazione culturale in Europa tra Sette e Ottocento è di una crisi che prende il nome di “delusione storica”, provocata dalla perdita di valore del sentimento rispetto alle grandi conquiste della ragione affermate dall’Illuminismo.
Nell’età romantica nasce il turismo nel senso moderno; risponde all’esigenza di placare una condizione intima di inquietudine esistenziale insieme al desiderio di esplorare mondi e popoli nuovi. Un bel posto della natura che attrasse poeti inglesi romantici fu il golfo della Spezia, qui scoprirono suggestivi rapporti con la natura e arricchirono la propria sensibilità in una dimensione autonoma e irripetibile al posto della valorizzazione dell’uomo come “animale politico” privilegiato dalla letteratura illuministica.
Quel bel posto anche oggi lo chiamiamo “golfo dei poeti” con Portovenere e Lerici a chiuderne l’ampio arco, ma uno sguardo più lungo porta a luoghi in prossimità dove vissero il grandissimo Montale e tanti altri poeti in lungo elenco. Vennero a viverci, lo visitarono i poeti inglesi della seconda generazione romantica: Keats, George Gordon Byron e Percy Bysshe Shelley. Condivisero la lontananza dalla terra natale, in volontario esilio, sempre sospinti al largo dal doloroso amore della vita. Morirono giovanissimi. Shelley ebbe casa a San Terenzo con la moglie Mary autrice delle storie di Frankestein, suo personaggio d’invenzione. Il poeta Byron amò molto il golfo dei poeti, amico di Shelley; partì per andare a liberare la Grecia dai Turchi, vi morì nel 1824 per una “prosaica” febbre maligna Il golfo dei poeti si è mantenuto centro di valide iniziative culturali, frequentato e ricco di valorosi collaboratori, vi si assegnano i premi “Lerici- Pea, vi si aprono mostre, si fanno convegni, cortometraggi.
Alla Serra di Lerici è nato e ha vissuto il poeta Paolo Bertolani, i suoi versi quasi tutti in dialetto del posto esprimono con amore e originalità di immagini l’incanto del golfo, che aveva commosso e ispirato Mendelssohn e Wagner: è nel suo soggiorno spezzino che prese forma il preludio de “L’oro del Reno”. La rivista “Il Porticciollo”accoglie e stimola tutta l’offerta culturale avviata da Shelley morto duecento anni fa nel 1822. Dal 17 giugno a Lerici si svolge il Festival su Shelley con appuntamenti di poesia, teatro, musica, sport; è previsto un Parco Shelley che riporterà Lerici nella sua giusta dimensione culturale.
Maria Luisa Simoncelli
A Viareggio, duecento anni fa, la morte e il rito della cremazione
Il monumento a Shelly nella piazza omonima di Viareggio
Dal momento dell’affondamento della goletta, il mare aveva trattenuto per dieci giorni il corpo di Percy Bysshe Shelley: tanto infatti trascorse prima che fosse ritrovato sulla spiaggia di Viareggio e subito sepolto sul posto in attesa della cremazione che avvenne pochi giorni dopo, curata personalmente dagli amici Byron, Trelawny e Hunt. Oggi quel luogo è piazza Shelley: in duecento anni l’avanzare della linea di costa ha fatto sì che oggi le onde si infrangano alcune centinaia di metri più lontano, nella direzione dello sguardo del busto del poeta collocato nel 1894 al centro dell’ampio spazio dove avvenne il rito del corpo bruciato sopra la pira di legna.
L’8 luglio 1822 Shelley, con l’amico Edward E. Williams e il marinaio Charles Vivian, era salpato da Livorno per fare ritorno a San Terenzo dove la moglie, Mary, lo aspettava a Villa Magni. A bordo della goletta “Ariel” i tre furono sorpresi da una tempesta improvvisa: forse l’imbarcazione, da poco varata e progettata da un amico del poeta, si rivelò non adatta ad affrontare un mare in burrasca. Sta di fatto che i tre non giunsero mai a destinazione.
Nato a Horsham, cittadina a sud di Londra, il 4 agosto 1792, Shelley aveva perso la prima moglie, Harriet, nel 1816 ed aveva sposato Mary con la quale aveva da un paio d’anni una relazione consolidata e che proprio in quegli anni avrebbe pubblicato il suo romanzo più famoso, “Frankenstein”. Il poeta inflese era arrivato in Italia nel 1818: con lui erano la moglie, i due figli, la cognata Jane e sua figlia Allegra. Venezia (dove viveva l’amico Byron), Livorno, Lucca, Este, Roma, Napoli, Firenze e Pisa le città dei loro soggiorni italiani in quei quattro anni. L’ultima dimora fu, appunto, la villa di San Terenzo, affacciata su quello che sarebbe ben presto diventato “il golfo dei poeti”. (p. biss.)