
Italo Calvino. L’attualità di un libro come “Il sentiero dei nidi di ragno”, oggi che il mostro della guerra è tornato

Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino ha un posto particolare nella narrativa sulla Resistenza, il tema impegnativo della lotta partigiana nei suoi eroismi e sacrifici lo affronta di scorcio, attraverso l’incontro del ragazzetto Pin con una banda di irregolari tenuti ai margini della lotta perché non considerati affidabili dai comandanti. Scritto “a caldo” nel 1947, ebbe stesura definitiva nella ristampa del 1964; nella prefazione lo stesso Calvino rafforza la sua polemica contro chi avrebbe voluto assegnare alla nuova letteratura una funzione celebrativa e didascalica.
C’era invece l’urgenza fisiologica, esistenziale di comunicare con immediatezza un multicolore universo di storie, che porta a un sentire la vita come qualcosa che può ricominciare da zero, usciti da un’esperienza di guerra e guerra civile che non aveva risparmiato nessuno. Senza dimenticare lo strazio e lo sbaraglio, c’era la smania di raccontare con la rinata libertà di parlare. Calvino adotta l’occhio di un ragazzo, che conserva il dono della dimensione del mito e della favola, che ha i suoi luoghi segreti dove i ragni costruiscono le loro tele. Senza perdere il significato storico dei fatti narrati, la fantasia aiuta Pin ad affrontare il mondo dei grandi che lo stupisce e turba, gli si rivela complesso e ostile, incomprensibile e distante. Il ragazzo è cresciuto nei carrugi di un paese della costa ligure, non ha più i genitori, sta con la sorella prostituta. Istigato da alcuni vagabondi incontrati all’osteria, ruba la pistola ad un soldato tedesco e la nasconde nel suo luogo segreto.
Catturato, riesce a fuggire e si aggrega ad un gruppo di partigiani piuttosto strani, un commissario espone loro gli ideali della lotta partigiana. Pin torna nel sentiero dei nidi di ragno per prendere la pistola rubata, ma non c’è più, l’aveva presa un partigiano traditore. Ritroverà l’arma in casa della sorella connivente coi tedeschi. Pin si sente sperduto in quella storia di sangue e di corpi nudi che è la vita degli uomini. Il suo punto di vista si proietta su una dimensione simbolica, piuttosto che realistica, si posa su un mondo di valori autentici incontaminati, che sono prossimi alla fiaba, all’avventura. Ha salvato la sua infanzia.
Nel presente ci tormentano le cronache di guerra, vediamo bambini che non sorridono più, non accompagnati vanno verso l’ignoto percepito come un incubo di male e di morte, tanti tenuti per mano dalla mamma hanno facce smarrite, strappati a persone e luoghi. Hanno perso la fantasia, i sogni, indispensabili alla loro formazione.
Le guerre moderne fanno morire i bambini; nella settantina di guerre che si combattono anche oggi nel mondo vittime prima di tutto sono i bambini. Muoiono tra l’urlo nero delle mamme che non riescono a salvare la vita che hanno donato. La guerra è un mostro da cui l’uomo non vuole liberarsi, è un’oscena, blasfema ribellione all’ordine divino del creato, lo grida ogni giorno il papa. Restare indifferenti ai bisogni è colpa. Innamorarsi della pace è bellezza infinita.
(Maria Luisa Simoncelli)