
Penso che Jonathan Franzen abbia già dimostrato con sufficiente chiarezza l’alta qualità della sua produzione letteraria: “La ventisettesima città”, “Forte movimento”, “Le correzioni” e “Libertà” costituiscono con le sue raccolte di saggi e l’autobiografia la testimonianza di uno degli autori più degni di questo nome della nostra età. Cosa che si conferma, al di là di qualche supercilioso e forse invidioso critico nostrano, con questo suo ultimo “Purity” (Edizioni Einaudi traduzione di Silvia Pareschi pagg. 656 Euro 22).
Purity, meglio conosciuta come Pip, è una ragazza di una ventina di anni di età che vive nell’anonimato tra i boschi della California settentrionale con una madre depressa, è povera con un debito studentesco pesante che non pensa di poter restituire, vive in una casa occupata ad Oakland in una sorta di comune di smandrappati, la madre , malgrado le pressanti richieste non le ha mai voluto rivelare il nome del padre. Conosce occasionalmente una ragazza tedesca, Annagret, che le procura l’occasione per uno stage con il Sunlight Project , organizzazione fondata da un famoso leaker di nome Andreas Wolf (origini tedesco dell’Est) rivale di Julius Assange con lo scopo di rivelare i segreti dei potenti. Lo stage è in Colombia e la vita di Pip cambierà per sempre.
Le origini e la vita di Wolf costituscono uno dei capitoli più intriganti del romanzo, ci riportano all’epoca della guerra fredda nell’incubo di una società soffocante con sviluppi che virano verso il giallo e componenti psicoanalitiche. La stessa realtà della Sunlight Project rivela inquietanti dimensioni in cui gli aspetti aziendali e le relative espressioni coinvolgono Pip violentemente anche sul piano personale. Forse la ragazza riuscirà anche grazie alle sofisticate apparecchiature elettroniche che Wolf le mette a disposizione a scoprire l’identità del padre. Il mondo della comunicazione dal giornalismo alla letteratura quando non all’arte ed allo spettacolo viene dissezionato impietosamente e coinvolge e sconvolge, cambia alle radici la comprensione della verità del mondo reale.
La dittatura informatica sorveglia e dirige l’apparente naturalezza della quotidianità. Ma appena sembra in vista un momento chiarificatore subito il tutto si dissolve nel delirio informatico. Verità che si sovrappongono negandosi, accensioni contraddittorie verso verità che potrebbero essere solo apparenti si inseguono quasi si cacciano coinvolgendo pubblico e privato in un vorticoso balletto che lascia senza respiro.
Dai regimi socialisti alla dittatura del Web, dalla satira pungente e cinica all’ingenuità primaria dei sentimenti più delicati e personali nulla viene risparmiato al lettore che si accorgerà di stare arrivando alla conclusione della storia di Pip intravedendo già il rimpianto che sia conclusa. Ma sarà veramente così?
Ariodante Roberto Petacco