
Le cinque pale eoliche installate nel 2013, dopo lunghe polemiche, non sembrano fornire i risultati sperati

Si stagliano davanti all’automobilista che in autostrada scende verso valle poco dopo aver superato il valico; attirano lo sguardo dell’escursionista sull’Appennino Tosco-emiliano; fanno da punto di riferimento da qualsiasi altura della Lunigiana: le 5 pale eoliche posizionate ai 1.300 metri di altitudine del Monte Colombo, al confine tra Zeri e Pontremoli, da oramai sette anni sono diventate un elemento caratterizzante del paesaggio lunigianese. Cinque aerogeneratori, come si dice in linguaggio tecnico, 80 metri di altezza (126 metri comprese le eliche) per una produzione di 10 Mega watt, l’equivalente del fabbisogno elettrico annuo di 7 mila famiglie immesso sul mercato dell’energia. Progettato nel 2010, l’impianto eolico è entrato in funzione nel dicembre 2013, al termine di un percorso ad ostacoli: le proteste ambientaliste, le critiche accese di parte della comunità locale, i rilievi in conferenza dei servizi della vicina Regione Emilia, che dista dal sito poche centinaia di metri in linea d’aria e che segnalava i pericoli per le specie volatili che nidificavano su quelle montagne di confine.
Ma anche i ricorsi dei cittadini di Albareto per il passaggio dei trasporti eccezionali degli aerogeneratori nel loro comune, camion lunghissimi che provocarono danni ad alcune case e alle strade e le proteste della società che gestisce gli acquedotti della Val di Taro, che accusava i trasporti diretti ai Due Santi, e da lì al Monte Colombo, di inquinare le falde che alimentavano le condotte idriche del comprensorio. E poi la mancata installazione di due pale eoliche, progettate nei terreni demaniali gestiti dall’Amministrazione Separata Beni Uso Civico (Asbuc), che determinò la scelta di potenziare le altre 5 pale per mantenere inalterata la produzione.

Nel corso dell’iter iniziano anche le reciproche accuse di inadempimento degli impegni pattuiti tra Comune e Fera Srl, la società milanese attuatrice del progetto: è con l’amministrazione Pedrini che Fera Srl rimette in discussione le compensazioni economiche concordate con il Comune, in quanto i ritardi nella messa in funzione dell’impianto determinarono il mancato accesso ai generosi incentivi per le energie rinnovabili (i cosidetti “certificati verdi”) che a partire dal 2013 vennero rimodulati e ridotti. Per l’amministrazione zerasca ciò significava rinunciare a 71.500 euro una tantum, più l’1,5% dei proventi annui dalla vendita dell’energia, oltre che ad altri 6 mila euro per ogni MW prodotto e 3 mila euro per iniziative socio-culturali a tema ambientale. Somme cospicue su cui l’amministrazione Filippelli, che stipulò la convenzione nel 2010, contava di impiegare nel bilancio comunale.
Solo nel marzo 2018 il sindaco Petacchi è riuscito a chiudere la vertenza con Eolica (la nuova società del gruppo Fera subentrata alla capogruppo nella gestione dell’impianto) con una nuova transazione: 50.000 euro una tantum (già incassate dal Comune), più l’1,1% dei proventi dalla vendita dell’energia (con un minimo garantito di 7 mila euro), e mille euro per la manutenzione delle scuole comunali. Il tutto limitato al 2030. Un accordo al ribasso, come era prevedibile, vista la perdita di introiti dovuti ai certificati verdi, ma forse l’unico possibile arrivati a quello stato delle cose. La messa in funzione dell’impianto non ha fugato tutti i dubbi sull’opera: dalla produzione effettiva di energia pulita, a giudicare dal limitato numero di ore in cui gli aerogeneratori sono osservati in funzione, al vento effettivo che, continuano a denunciare gli ambientalisti, non era e non è sufficiente a giustificare la centrale, la cui economicità era basata esclusivamente sui sussidi, alla mancata riambientalizzazione del sito: ancora adesso, dopo 7 anni, la prateria originaria che avrebbe dovuto essere ricostituita sul crinale continua a lasciare il posto agli enormi e polverosi piazzali di cantiere e agli sbancamenti effettuati per l’accesso dei mezzi di costruzione, rendendo gli antichi pascoli con panorama sulla Val di Magra e sullo zerasco un sito polveroso e malinconico. Per il Comune di Zeri, un introito inferiore al previsto, anche se aumentato dell’Imu sull’impianto industriale, fa sorgere in molti l’interrogativo se 2929– questo il nome della centrale – poteva essere una operazione con un bilancio tra benefici economici e costi ambientali migliore di quella che si è alla fine dimostrata. (d.t.)